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Autonomie differenziate, le Regioni: fiscalità da rivedere per nuove potestà

25 Ottobre 2018

Le competenze aggiuntive che riceveranno le Regioni dove sono state avviate le procedure per l’attribuzione dell’autonomia differenziata prevista dall’articolo 116 della Costituzione dovranno essere finanziate con compartecipazioni o riserve di aliquote sul gettito dei tributi maturati sul territorio regionale. E’ quanto scrive la Conferenza delle Regioni nel documento su federalismo e autonomie territoriali approvato nella seduta del 18 ottobre scorso e quindi inviato al ministero per gli Affari regionali. Lungo quattro pagine, il documento riassume le proposte delle Regioni per la prosecuzione del cammino avviato questa primavera da Emilia Romagna, Lombardia e Veneto per ottenere dal Governo centrale competenze aggiuntive su materie che comprendono anche la Sanità e l’assistenza farmaceutica.

A queste tre Regioni se ne sono poi aggiunte cammin facendo altre sette (Toscana, Piemonte, Liguria, Marche, Umbria, Campania e Lazio) e ora il processo è alle tappe decisive: il primo drappello di Regioni si prepara a concludere con il Governo le intese previste dall’articolo 116, che però resta vago sul percorso attuativo della procedura (un ddl preparato allo scopo nella legislatura precedente non è mai giunto alle Camere). Ed ecco quindi l’intervento della Conferenza delle Regioni, che nel documento fissa i punti cardinali del processo a venire. La questione di maggiore rilievo riguarda senz’altro la fiscalità: come verranno finanziate le autonomie aggiuntive richieste dai governi regionali? La risposta dei governatori è netta: la soluzione più percorribile, scrivono, è quella di prevedere una compartecipazione al gettito assicurato dai tributi raccolti sul territorio dalla fiscalità generale, oppure un’aliquota (ossia una percentuale sull’imponibile).

In questo riassetto erariale, avverte il documento, sarà importante garantire «il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni nelle Regioni con minore capacità fiscale», in modo da evitare «un decentramento che aumenti il divario economico tra le Regioni, minando irrimediabilmente non solo il principio di unitarietà e coesione sociale dello Stato, ma anche il concetto stesso di federalismo». E’ una considerazione che suona come una risposta a chi – da Cittadinanzattiva alla Federazione degli ordini dei medici – nelle passate settimane si era detto preoccupato per le ricadute su equità e solidarismo del Ssn, ma il dibattito è tutt’altro che chiuso.

Piuttosto, la carta delle autonomie differenziate diventa per i governatori anche l’occasione per chiedere una rivisitazione dell’intero sistema delle conferenze Stato-Autonomie, dove andranno «migliorati e rafforzati i meccanismi di raccordo e confronto con il Governo», così come andrà prevista l’istituzione di «un organismo di confronto e dialogo tra Regioni e Parlamento; infine, sarà necessario definire «intese quadro che indichino i contorni e confini tra legislazione statale e regionale». Siamo al Federalismo 2.0..