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Autonomie, percorso in salita ma sulla sanità l’accordo sarebbe vicino

20 Luglio 2019

Continua a procedere a strappi il confronto sulle autonomie differenziate tra Governo e il primo terzetto di Regioni (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna) che hanno aperto la procedura prevista dall’articolo 116 della Costituzione. Ieri il summit di maggioranza convocato per esaminare il testo quadro approntato dal ministro per gli affari regionali, Erika Stefani, si è concluso con un nulla di fatto che sembra riportare indietro di qualche tacca l’orologio dell’autonomismo. Il tema più spinoso rimane quello della scuola, sul quale ieri il Governo ha definito la propria posizione: qualcosa si può delegare ma le competenze chiave rimangono a Roma, a partire dalle assunzioni del personale.

Sembra invece sia stata trovata la convergenza su scuola e ambiente, dove – ha detto ieri Stefani all’uscita dal vertice di maggioranza – sono state accolte le richieste delle Regioni. Già dai prossimi giorni dovrebbe essere chiarito il significato della formula: sono state accolte “tutte” le richieste o la gran parte soltanto? Per le farmacie del territorio è un dilemma vitale, soprattutto se risiedono in Emilia Romagna: la Regione infatti, aveva incluso tra le materie per le quali chiede piena autonomia la potestà di «definire qualitativamente e quantitativamente le forme della distribuzione diretta dei farmaci destinati alla cura di pazienti che richiedono un controllo ricorrente», nonché «assicurare la distribuzione diretta da parte delle Aziende sanitarie dei medicinali necessari al trattamento dei pazienti in assistenza residenziale, semiresidenziale e domiciliare» e infine «disporre che la struttura pubblica fornisca direttamente i farmaci, sulla base di direttive regionali, per il periodo immediatamente successivo alla dimissione dal ricovero ospedaliero o alla visita specialistica ambulatoriale». Ora, sono parecchi i farmacisti titolari se tra le disposizioni sulle quali il governo ha dato il via c’è anche questa.

Non va poi dimenticato che la partita è ancora ben lontana dalla conclusione. E dopo il summit di ieri, i governatori leghisti di Lombardia e Veneto meditano di gettare all’aria tutti i tavoli. «Ci sentiamo presi in giro» ha detto ieri Luca Zaia «un presidente del Consiglio che presiede riunioni che producono il nulla se non conferenze stampa, manca di rispetto a tutti i veneti». «Mi ritengo assolutamente insoddisfatto dell’esito del vertice di ieri» ha rincarato il lombardo Attilio Fontana «abbiamo perso un anno in chiacchiere. Aspettiamo di vedere il testo definitivo, ma se le premesse sono queste, da parte mia non ci sarà alcuna disponibilità a sottoscrivere l’intesa»