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Consiglio di Stato conferma legittimità dei decreti sulla farmacia dei servizi

7 Gennaio 2021

La disposizione del decreto legislativo 153/2009 che consente alle farmacie di offrire agli assistiti prestazioni fisioterapiche in loco o a domicilio non fa venir meno il controllo del medico (ma anzi lo riconferma) né trasforma le farmacie stesse «in ambulatori riabilitativi» caratterizzati da promiscuità tra «l’erogazione di prestazioni sanitarie in favore degli utenti e attività connesse alla distribuzione commerciale». Lo ha detto il Consiglio di Stato nella sentenza pubblicata il 4 gennaio che respinge il ricorso di Simfer (Società italiana di medicina fisica e riabilitativa) e Simmfir (Sindacato italiano medici di medicina fisica e riabilitazione) contro il d.lgs sulla farmacia dei servizi e il decreto attuativo del 16 dicembre 2010.

Nell’appello le due associazioni hanno riproposto le stesse argomentazioni già sostenute nel 2012 davanti al Tar Lazio, che aveva respinto il ricorso: in particolare, il decreto ministeriale omette di attribuire «al medico specialista in riabilitazione alcun ruolo o funzione, con grave potenziale danno sia per la salute del paziente sia per la professionalità della figura» e consente «l’erogazione, all’interno della farmacia, di prestazioni riabilitative e fisioterapiche identiche a quelle che vengono solitamente svolte in un ambulatorio medico, senza che ne sia stato disciplinato il controllo da parte di personale medico specialistico (al quale è rimessa la predisposizione di un piano di interventi basati sulla diagnosi e disabilità del paziente, con redazione di un Progetto riabilitativo individuale, Pri)».

Nel riconfermare la sentenza di primo grado, il Consiglio di Stato ripercorre «l’evoluzione normativa che ha interessato il ruolo delle farmacie nell’assetto complessivo della tutela del bene-salute»: con il d.lgs 153/2009, è la tesi dei giudici amministrativi, «si è consumata una profonda transizione del ruolo della farmacia da una (più tradizionale) attività di mera distribuzione di prodotti farmaceutici, verso un ruolo di erogazione di prestazioni e servizi, comunque preordinati ad assicurare la somministrazione di interventi connessi con la tutela della salute (ma, rispetto alla precedente conformazione, “delocalizzati” e insediati anche in ambiente farmaceutico)».

Più di recente, prosegue il Consiglio di Stato, le Linee guida per la sperimentazione della farmacia dei servizi emanate dal ministero della Salute configurano «una rimodulazione del ruolo della farmacia, non più astretto nella funzione “commerciale” di erogazione dei farmaci, ma, più vastamente, definibile quale “Centro sociosanitario polifunzionale a servizio delle comunità nonché come punto di raccordo tra Ospedale e territorio e front office del Servizio sanitario nazionale”».

In questo contesto, osservano i giudici, è da respingere la tesi che i decreti impugnati comportino «un “ampliamento” dell’operatività del fisioterapista eventualmente esondante dal controllo medico». E’ infatti escluso che «in ambiente farmaceutico sia erogabile la prestazione relativa all’adozione e uso di protesi e ausili», così come non sono consentiti gli interventi che rientrano nella sfera del fisioterapista specializzato in psicomotricità e terapia occupazionale. Il decreto attuativo, inoltre, subordina l’attività del fisioterapista a una prescrizione del medico di mg o del pediatra di libera scelta». Quanto alla commistione tra esercizio farmaceutico e ambulatorio medico, proseguono i giudici amministrativi, il decreto impone alle farmacie di «rispettare tutti gli specifici requisiti relativi ai settori professionali, sanitari e tecnico-strutturali previsti dalla normativa statale, regionale e comunale vigente». Inoltre, sia l’articolo 8 del d.lgs. 502/92 sia l’articolo  5 del decreto ministeriale del 2010 rinviano alla convenzione nazionale «la fissazione dei “principi e criteri” relativi ai requisiti di idoneità dei locali delle farmacie, demandando alla sede regionale l’articolazione della disciplina di dettaglio».

In sostanza, conclude il Consiglio di Stato, i decreti impugnati configurano nei fatti «una complessiva articolazione del percorso riabilitativo che contempla l’erogabilità delle relative prestazioni (anche) in ambito extra-ambulatoriale (come, per l’appunto, presso le farmacie), in un quadro di integrazione territoriale e di assistenza domiciliare integrata della terapia riabilitativa».