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Decreto ristori, tornano gli emendamenti su farmacista di famiglia e fondo rurali

28 Novembre 2020

Rispunta la proposta di istituire il farmacista di famiglia come «figura di riferimento per lo sviluppo e il potenziamento dei servizi territoriali e per salvaguardare lo stato di salute dei cittadini». A rimetterla sul tavolo – o meglio, sui banchi del Senato – uno degli emendamenti al ddl di conversione del decreto 137/2020 (detto ristori), all’esame congiunto delle commissioni Bilancio e Finanze. Il testo, primo firmatario Lannutti (M5S), delega al farmacista di famiglia l’assistenza di deospedalizzati e cronici, con la presa in carico delle terapie prescritte e dell’aderenza, e gli affida «le prestazioni analitiche di prima istanza, come telemedicina e campagne di screening», in collaborazione con il medico di famiglia.

A tal fine, prosegue l’emendamento, «ogni cittadino è tenuto a scegliere il proprio farmacista di famiglia presso l’Asl competente». Possono essere designati tutti gli iscritti all’albo professionale che hanno conseguito la specializzazione in farmacista di famiglia (tramite corso da istituire con decreto ministeriale) e risultano collaboratori di farmacia, titolari di farmacia senza collaboratori o ancora farmacisti né titolari né collaboratori.

Anche per questa figura, come per il medico di famiglia, sono previsti massimali – un farmacista titolare o collaboratore può prendere in carico fino a 750 pazienti, gli altri possono arrivare fino a 1.500 – e soprattutto è prevista una remunerazione per quota capitaria: un euro al mese per ogni scelta, a carico dell’Asl competente. Anche se, recita l’emendamento all’ultimo comma, «dall’attuazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

Quello sul farmacista di famiglia è un emendamento-fotocopia della proposta che lo stesso M5S presentò (senza successo) a giugno con la conversione in legge del decreto Rilancio. Così come è una replica l’emendamento 3.0.27 (prima firma Calandrini, FdI) che istituisce un fondo destinato al sostegno delle farmacie rurali, con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2021 e altrettanti per il 2022. I contributi, recita il testo, verranno ripartiti in base alla popolazione residente, alla distanza della farmacia dal capoluogo di provincia, al fatturato annuale al netto dell’iva e ai turni di notte effettuati in un anno.

Da segnalare anche l’emendamento 6.0.1, prima firma De Carlo (sempre FdI), che riconosce alle farmacie dei comuni con meno di tremila abitanti un contributo/credito d’imposta fino a tremila euro l’anno per il 2020, 2021 e 2022, da utilizzare «nell’acquisto o noleggio di apparecchiature di telemedicina». Le prestazioni, prosegue la proposta, «possono essere erogate anche a carico del Servizio sanitario regionale, su prescrizione del medico di medicina generale e con la tariffa prevista dal Nomenclatore tariffario regionale».

Stessi firmatari anche per l’emendamento 6.0.3, che istituisce un fondo con cui remunerare le farmacie per la dpc dei medicinali della diretta di cui all’articolo 27-bis del decreto 23/2020 e all’articolo 8 del decreto 34/2020, e per il 6.0.4, che esclude dall’imponibile per l’imposta sui redditi 2020 l’indennità di residenza alle rurali dei comuni con meno di 3mila abitanti. Tutti gli emendamenti dovrebbero affrontare il vaglio dell’ammissibilità in settimana.