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Federalismo, l’Ordine dei medici contro le autonomie differenziate: solidarismo Ssn a rischio

21 Settembre 2018

No ad autonomie differenziate che comprometterebbero universalismo e solidarismo del Servizio sanitario. E’ la presa di posizione assunta ieri dalla Fnomceo, la Federazione degli ordini dei medici e chirurghi, dopo le dichiarazioni del ministro per gli Affari regionali, Erika Stefani, sui progressi della devolution avviata da alcune Regioni in base all’articolo 116 della Costituzione: «Stiamo festeggiando i quarant’anni di vita del Ssn» osserva il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli (foto) «non vorremmo trovarci a celebrare un funerale anziché un compleanno». L’intervento dell’Ordine fa riferimento all’audizione di martedì scorso del ministro Stefani davanti alle commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato, nella quale è stato fatto il punto sul lavoro del Governo in materia di autonomie.

Per cominciare, Stefani ha riconfermare numeri già noti: sono otto in tutto le Regioni che hanno presentato formale richiesta per accedere alle autonomie differenziate previste dall’articolo 116 (Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che hanno già sottoscritto preintese con il governo precedente, poi Liguria, Toscana, Piemonte e infine Marche e Umbria con un dossier congiunto) e nell’elenco delle materie sulle quali i governi locali chiedono competenze prevalenti ci sono quasi sempre Sanità e farmaceutica. Quindi, il Ministro si è soffermato sui tempi: un ddl con cui avviare ufficialmente il trasferimento di competenze alle prime due Regioni in elenco, Veneto e Lombardia, potrebbe approdare in Consiglio dei ministri già il prossimo mese.

«Chiediamo l’intervento del ministro della Salute, Giulia Grillo» è la replica della Fnomceo «perché sventi ogni possibile tentativo di smantellare il nostro Servizio sanitario». I timori di Anelli nascono dalle considerazioni di Stefani sui costi del processo: «Il Ministro ha detto che la riforma si farà senza alcun aggravio sulla finanza pubblica, faranno da riferimento i costi storici». E, ha detto ancora il Ministro, non ci sarà trasferimento di risorse dal governo centrale alle Regioni, saranno queste ultime che «tratterranno» il dovuto dalla fiscalità locale. «In sostanza» riprende Anelli «ogni Regione si organizzerà secondo i propri bilanci, ma se un’altra Regione dovesse essere in difficoltà, il sistema, irrigidito per comparti stagni, non sarebbe più solidaristico e collasserebbe». In altri termini, verrebbero meno le garanzie assicurate dagli articoli 3 e 32 della nostra Costituzione: «A tutti i cittadini va garantita la Salute nello stesso modo» traduce Anelli «negli stessi termini e con uguali diritti. Ciò significa che se una Regione si trova in difficoltà, le altre devono adoperarsi per aiutarla».