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Fisioterapista in farmacia, il Tar: non è ambulatoriale quindi basta l’ok comunale

26 Maggio 2020

Il servizio di fisioterapia proposto dal farmacista titolare nei locali della propria farmacia non può essere assimilato a quello di un ambulatorio medico, perché non comporta la presenza di figure come quella del direttore sanitario e di personale medico ed è svolto invece «da operatori sociosanitari – infermieri e fisioterapisti – che praticano soltanto terapie manuali, massoterapiche e occupazionali, senza utilizzare apparecchiature elettromedicali o praticare tecniche invasive». E’ uno dei passaggi salienti della sentenza con cui il Tar Sardegna ha accolto il ricorso di una farmacia della provincia di Cagliari alla quale comune e Regione avevano intimato di interrompere il servizio di fisioterapia da poco inaugurato.

Per l’avvio della nuova attività, i titolari avevano presentato al comune una Dua (Dichiarazione unica abilitativa) con autocertificazione a 0 giorni datata 8 gennaio 2019, secondo la disciplina introdotta dal decreto ministeriale 16 dicembre 2010. Il giorno dopo, gli interessati avevano ricevuto la notifica automatica del Suape (Sportello unico per le attività produttive e per l’edilizia), alla quale ne erano seguite altre due (il 6 febbraio e il 1 marzo) in seguito ad altrettante integrazioni documentali trasmesse dalla farmacia su richiesta del comune.

La svolta il 23 maggio successivo, quando il comune trasmette ai titolari una determina che ingiunge l’interruzione del servizio sulla base di una nota inviata il mese prima dall’assessorato regionale Igiene e Sanità: l’articolo 4 del decreto 16 dicembre 2010, recita la lettera, prescrive al comma 2 che in materia di servizi «la farmacia deve rispettare tutti gli specifici requisiti relativi ai settori professionali, sanitari e tecnico-strutturali previsti»; in Sardegna l’erogazione di prestazioni sanitarie di fisioterapia è regolata dalla dgr 13/17 del 2008 e dalla dgr 22/24 del 2013, che assoggettano l’avvio del servizio «al preventivo rilascio del parere di compatibilità da parte dell’Assessorato stesso».

Nella sua sentenza, il Tar Sardegna boccia le argomentazioni della Regione e dà ragione agli appellanti: il servizio avviato dalla farmacia, infatti, è una «classica attività fisioterapeutica che normalmente si svolgerebbe in uno studio professionale e , nel caso di specie, è esercitata all’interno di una preesistente farmacia, la quale dedica un apposito locale per lo svolgimento del servizio». I titolari, dunque non hanno realizzato «una nuova struttura sanitaria», caso per il quale la normativa regionale richiede apposita autorizzazione dell’assessorato.

Tra le considerazioni dei giudici, però, spiccano anche alcune valutazioni che fanno riferimento alla legislazione nazionale e dunque meritano di essere lette anche al di là dei confini regionali. Il decreto ministeriale 16 dicembre 2010, ricorda il Tar, «ha inteso promuovere lo svolgimento in farmacia del servizio di fisioterapia, in tal modo esprimendo una valutazione di “tendenziale compatibilità” che non può essere ragionevolmente “sovvertita” attribuendo aprioristicamente a tale attività (e struttura) natura “ambulatoriale”». Ne consegue che il regime autorizzativo presuppone soltanto l’autorizzazione comunale e non pure quella regionale, «anche nei casi in cui le dimensioni ridotte del servizio proposto portano a ricondurlo più ragionevolmente allo schema tipico dello “studio professionale”».

È infatti evidente, continuano i giudici, «come la struttura organizzativa di cui è dotata la farmacia non può essere presa in considerazione ai fini della corretta qualificazione del servizio di fisioterapia previsto al suo interno, giacché quest’ultimo usufruisce essenzialmente della disponibilità di un locale, senza ulteriori collegamenti, sul piano tecnico-sanitario, tra le due attività».

Di conseguenza, « il servizio fisioterapeutico svolto nelle farmacie non può essere fondatamente assimilato a quello di un ambulatorio medico, sia perché è svolto da operatori socio-sanitari, infermieri e fisioterapisti, (i quali sono abilitati a fornire esclusivamente terapie manuali, massoterapiche e occupazionali, senza utilizzare apparecchiature elettromedicali o praticare tecniche invasive), sia perché tale attività non presuppone la presenza in loco di figure esterne come quella del direttore sanitario e, in generale, di personale medico».