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Carenze, indagine Pgeu conferma: situazione «non più accettabile»

29 Gennaio 2020

E’ ormai evidente che in Europa, quando si parla di carenze di farmaci, non ha più senso dividere tra Paesi esportatori e importatori. Lo conferma l’edizione 2019 dell’indagine che il Pgeu, l’organizzazione europea dei farmacisti e delle farmacie, dedica annualmente al fenomeno. Condotta attraverso interviste alle associazioni aderenti e pubblicata ieri, la ricerca dice che la totalità dei Paesi rappresentati si confronta stabilmente con indisponibilità e rotture di stock e che per quasi tutti (21 su 24 Stati membri) il 2019 è stato persino peggiore dell’anno precedente.

I farmaci afflitti più spesso da carenze, dice in particolare l’indagine, sono quelli per le malattie respiratorie (riferisce problemi l’87% dei Paesi), i cardiovascolari e i gastrointestinali (più dell’82%). I prodotti meno colpiti, invece, sono i biologici (42%) ma sarebbe un errore concludere che la copertura brevettuale incide sul fenomeno: generici e branded, infatti, patiscono irreperibilità diffuse in egual misura, segnalate in entrambi i casi dallo stesso numero di Paesi (80% degli Stati rappresentati nel Pgeu).

Anche sulle ricadute delle carenze c’è una netta convergenza tra le valutazioni dei farmacisti dei singoli Paesi: tutti affermano che le rotture di stock causano ai pazienti stress e disagio, più del 70% cita tra gli effetti l’interruzione dei trattamenti, quasi il 60% un appesantimento della spesa privata (per compartecipazioni). Per quanto concerne le farmacie, invece, quasi il 90% dei Paesi indica tra le ricadute il deterioramento del rapporto fiduciario farmacista-paziente, oltre l’80% la crescita dei costi legato all’aumento del tempo speso al banco (in media, oltre sei ore e mezza in più alla settimana), quasi il 75% il calo di soddisfazione dei collaboratori.

Nettamente disperse, invece, le risposte fornite dagli intervistati sulle soluzioni da mettere in campo: 19 Paesi su 24 propongono il ricorso alla sostituzione generica, 15 il reperimento del farmaco carente presso fonti alternative (ma autorizzate), 11 l’importazione parallela, 10 la dispensazione dello stesso farmaco ma in confezioni dalla posologia maggiore.

Preoccupa, invece, il fatto che un Paese su quattro non ha ancora adottato un sistema di monitoraggio delle carenze a beneficio delle farmacie del territorio. Negli Stati dove invece è stata allestita una rete di vigilanza, i farmacisti vengono informati delle indisponibilità in arrivo dai distributori (71%), dalle agenzie nazionali del farmaco (67%) o dalle organizzazioni di categoria (42%).

«Le risultanze dell’edizione 2019» commenta il presidente del Pgeu, Duarte Santos «accertano che nella maggior parte dei Paesi europei le rotture di stock sono in crescita e hanno un impatto preoccupante su pazienti e farmacie. Emerge anche un’insufficienza nelle informazioni di cui c’è bisogno così come negli strumenti e nelle contromisure alle quali possono fare ricorso le farmacie del territorio per aiutare i pazienti in caso di carenza. Raccomandiamo di cuore che i politici e i responsabili dei sistemi sanitari prendano nota di queste dinamiche e agiscano in modo coordinato, perché la situazione ormai non è più né accettabile né sostenibile».