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Carenze, studio tedesco: colpa della delocalizzazione extra-Ue dei siti produttivi

9 Ottobre 2020

Nel 2000 il 59% dei Certificati di conformità che accompagnano i principi attivi in commercio nell’Ue (e ne garantiscono la conformità alle monografie della farmacopea ufficiale) erano registrati in Europa e soltanto il 31% in Asia. Oggi, cioè vent’anni dopo, il rapporto si è invertito e il 63% dei Certificati fa capo ad aziende asiatiche e soltanto il 33% a industrie europee. E quando si dice Asia, nell’80% dei casi ci si riferisce a India o Cina. A rivelarlo è una ricerca condotta da MundiCare per conto di Pro Generika, l’associazione dei produttori tedeschi di equivalenti, e presentata ieri a Berlino.

L’obiettivo dell’indagine era quella di misurare in modo finalmente oggettivo la dipendenza dell’Europa dalla produzione di materie prime dei Paesi extra-Ue, tema che sempre più spesso viene chiamato in causa – in Germania ma anche in Francia e Regno Unito – quando si parla di carenze farmaceutiche.

Gli analisti di Mundicare hanno passato al setaccio 554 diversi principi attivi, ognuno dei quali contrassegnato da almeno un Cep (Certificato di conformità: ogni azienda che esporta in Europa ne deve avere uno per ciascuna delle molecole in produzione). In totale, lo studio ha contato quasi 3.800 Certificati, 2.369 riconducibili a un’azienda asiatica e 1.260 a un’industria europea. Ma il database dell’Eqdm (European directorate for quality of medicines) possiede un archivio storico che ha consentito di effettuare confronti sull’arco dei vent’anni e rivelare l’evoluzione degli equilibri tra i due continenti.

La ricerca, inoltre, rivela che la produzione asiatica di principi attivi è concentrata in poche regioni di India e Cina. Nel caso indiano per esempio, il 90% dei Cep proviene da solo quattro dei 28 stati che compongono la repubblica federale. In Cina, tre quarti dei Cep riportano a cinque province della costa orientale, tra le quali Hubei dove si è sviluppato il primo focolaio di SarS-CoV-2.

Ma dall’indagine emergono anche altre evidenze che rafforzano la tesi di una relazione tra carenze e delocalizzazione della produzione europea. Un sesto dei principi attivi circolanti in Ue, per esempio, è prodotto esclusivamente in Paesi che non appartengono all’Unione; più della metà (il 56%) conta soltanto cinque Cep o meno, quindi è prodotta da un ventaglio ridotto di aziende farmaceutiche.

«Un quadro normativo squilibrato e la massiccia pressione sui costi» commenta Andreas Meiser, amministratore delegato di Mundicare «fanno sì che oggi l’Europa dipende in larga misura da pochi produttori di ingredienti attivi, concentrati in aree molto circoscritte del mondo. Ciò comporta rischi evidenti per l’approvvigionamento». Per Bork Bretthauer, amministratore delegato di Pro Generika, non è realistico pensare che si possa riportare in Europa la produzione già delocalizzata all’estero. Piuttosto, vanno difesi gli ultimi siti che ancora resistono. Anche attraverso sovvenzioni, come nel caso dell’impianto di Kundl, in Austria, dove ha sede l’ultima produzione occidentale di antibiotici.