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Federfarma: i farmaci della distribuzione diretta? Non li avremo in convenzionata

2 Ottobre 2021

I farmaci della distribuzione diretta «non li otterranno mai». Lo ha detto il presidente nazionale della Federazione, Marco Cossolo, nella tavola rotonda organizzata l’altro ieri dalla rivista iFarma per parlare di riforma della remunerazione. «Oggi il 96% dei farmaci viene distribuito nelle nostre farmacie» è il suo ragionamento «quindi dire che il farmaco non è in farmacia è una sciocchezza. E i medicinali della dd-dpc, in convenzionata non li avremo mai».

Cossolo argomenta dati alla mano: la distribuzione diretta somma poco meno di 100 milioni di pezzi e di questi più della metà, oltre 50 milioni, transitano dalle farmacie attraverso il canale della dpc. A valori la distribuzione per conto genera una spesa di circa 2,5 miliardi di euro; i farmaci della diretta che passano da Asl e ospedali, invece, valgono tre volte tanto, più di sei miliardi. E il motivo è presto detto: le confezioni che rimangono nella diretta, per usare le parole del presidente di Federfarma, «hanno prezzi altissimi e per questo non saranno mai distribuiti in convenzionata».

Se le cose fossero soltanto in questi termini, a Cossolo si potrebbe soltanto dare ragione. Ma il fatto è che la realtà è un po’ più complessa, perché l’assetto della distribuzione diretta cambia da Regione a Regione. E in diverse di queste non passano dalla diretta soltanto i farmaci ad alto costo, ma anche quelli di uso più che consolidato e dai prezzi decisamente contenuti. Ci sono persino parecchi generici, che le Asl forniscono ai pazienti cronici assieme alle specialità innovative ad alto costo in pacchetti di fornitura da tre o sei mesi. E questi – prodotti di uso consolidato ed equivalenti – sì che tolgono volumi alla convenzionata e andrebbero riportati in farmacia.

Per avere un’idea della quota di mercato sottratta alle farmacie da questa distribuzione diretta “allargata”, basta andare a sfogliare il report dell’Aifa che dà conto della spesa farmaceutica 2020: la convenzionata chiude poco sotto gli 8 miliardi di euro, quella per acquisti diretti (che oltre alla diretta-dpc comprende anche l’ospedaliera) sfiora gli 11 miliardi. Però questo rapporto – quasi 1 a 1 – tra le due voci della farmaceutica pubblica vale soltanto a livello nazionale, perché ci sono regioni dove la spesa per gli acquisti diretti è nettamente preponderante.

 

 

L’Emilia Romagna, per esempio, nel 2020 ha speso per la convenzionata 463 milioni, per il canale degli acquisti diretti 849 milioni (ossia un rapporto di quasi 1 a 2); la Toscana 432 milioni da una parte e 754 dall’altra, il Veneto 532 milioni contro 810, il Piemonte 516 milioni per la convenzionata e 782 per gli acquisti diretti. Una bella differenza rispetto a Regioni come la Lombardia, che nel 2020 ha fatto transitare dalla convenzionata farmaci per quasi 1,5 miliardi di euro, mentre la spesa per acquisti diretti si è fermata poco sotto, a 1,4 miliardi. La verità, quindi, è che se a livello nazionale la spesa che passa dalle farmacie e quella che transita da Asl e ospedali quasi si equivalgono, è per merito di quelle Regioni che non tengono a stecchetto la convenzionata per far passare dalla diretta quanto più possibile, come nel caso della Lombardia. Dove sì che si può dire che non c’è motivo di portare in farmacia i farmaci della diretta.