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Farmacia dei servizi, Crisarà (Fimmg): senza mmg rischio doppioni

28 Marzo 2019

La sperimentazione della farmacia dei servizi avrà senso soltanto se passerà dall’integrazione con i medici di famiglia, perché in caso contrario sarà forte il rischio di generare duplicazioni e sovrapposizioni. E’ l’avvertimento che i medici di famiglia hanno lanciato giovedì scorso nel primo incontro del Tavolo convocato dal Ministero per mettere a punto le linee guida della sperimentazione in nove Regioni prevista dalla Legge di Bilancio 2018, così come riferisce a FPress il vicesegretario nazionale della Fimmg Domenico Crisarà, presente alla riunione in rappresentanza dei generalisti.

Crisarà, qual è la posizione dei medici rispetto alla sperimentazione?
Noi stiamo trattando il rinnovo della nostra convenzione con l’obiettivo, tra gli altri, di ottenere per aggregazioni e medicine di gruppo la diagnostica di primo livello. Condivido dunque quanto ha detto nella riunione Andrea Urbani, direttore generale della programmazione sanitaria del Ministero: la sperimentazione starà in piedi soltanto se ci sarà integrazione tra farmacie e medicina di famiglia, così come con specialisti e infermieri, perché altrimenti si rischieranno duplicazioni insensate.

Alle farmacie interessa soprattutto l’aderenza terapeutica…
L’aderenza terapeutica non è il centro del mondo, il quadro di riferimento è ben più ampio. Innanzitutto bisogna decidere chi fa che cosa, poi tutto è possibile.

Occorre integrazione, diceva. Che cosa intendete, lo scambio reciproco di dati?
Per esempio, ma non solo. Il problema è il circuito dei professionisti, come ci si deve relazionare e per fare che cosa. Nella 502/92 (la legge che ha istituito il Ssn, ndr) era contemplata la possibilità che si avessero in comune alcuni capitoli delle rispettive convenzioni. Lo ripeto, se le farmacie vogliono mettersi a fare telemedicina e presa in carico si va incontro al serio rischio di generare duplicazioni.

Ma allora per Fimmg quale dev’essere l’integrazione da cercare?
Bisogna ragionare su reti di assistenza da definire caso per caso, in base alle caratteristiche del territorio – aree disperse, abitate, altamente abitate – e a come lì è attrezzata la medicina di famiglia. Di certo vanno evitate esperienze tipo quella lanciata a Verona qualche tempo fa, in cui le farmacie hanno proposto un questionario sull’aritmia e poi in base al risultato decidevano se indirizzare l’assistito al medico di famiglia, all’Asl o allo specialista. Questa non è integrazione.

Torniamo all’aderenza terapeutica: non è meglio se medici e farmacie collaborano per lo stesso risultato?
Sì ma bisogna capire come farla. I diabetici, per esempio: nella riunione al Ministero ho chiesto come le farmacie pensano di intercettarli, la risposta è stata «con il codice esenzione». Ma molti malati evitano di farsi dare il codice esenzione per non avere poi problemi con la patente. E chi soffre di apnea notturna? Spesso il Cpap se lo comprano di tasca loro, non se lo fanno dare dall’Asl. Non si può imperniare l’organizzazione di un servizio sul rimborso.

Nella riunione è anche venuto fuori che i servizi messi in campo nella sperimentazione dovranno essere misurabili…
Non sarà facile se prima non c’è un ragionamento complessivo. I parametri, per esempio: ci saranno certamente i ricoveri evitati, ma se si vanno a leggere gli ultimi dati delle Schede di dimissione ospedaliera si nota che i ricoveri sono già in calo, grazie anche al lavoro della mg. La vera chiave sta nella medicina d’iniziativa e preventiva, se non si viaggia in questa direzione non si va da nessuna parte: è vero, la sfida è la cronicità ma serve innanzitutto un sistema che intercetti la malattia prima che si manifesti. Per questo è indispensabile una regia: si lavora tutti in team ciascuno per la propria parte, ma poi ci dev’essere qualcuno che prende le decisioni, quelle cliniche ovviamente.

D’accordo ma sull’aderenza terapeutica le farmacie…
L’aderenza terapeutica non consiste nel contare le scatolette che il paziente prende. Se fosse, i medici di famiglia quel dato già ce l’hanno: basta verificare se l’assistito è venuto in studio a rinnovare la ricetta ripetibile. La domanda piuttosto è un’altra: chi lo richiama, chi gli dice di andare dal medico per ritirare la nuova ricetta o sottoporsi alla visita di controllo?

Insomma, dal tavolo al Ministero cosa vi aspettate?
Vedremo quale livello di inclusione Federfarma vede per i medici di famiglia e ci regoleremo di conseguenza. Non riteniamo conveniente per la farmacia mettersi a fare l’erogatore di servizi, altrimenti verrebbe meno la collaborazione di sistema e per noi diventerebbe un provider commercialmente aggredibile.