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Ricetta bianca dem, facciamo chiarezza sul decreto ministeriale

19 Gennaio 2021

C’è chi ha parlato di regalo ad Amazon Pharmacy, chi ha chiamato in causa trame lobbistiche, chi è tornato a presagire fughe dalla farmacia della fascia C. Ha fatto parecchio discutere la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale di venerdì 15 gennaio del decreto del ministero delle Finanze che detta le modalità per la dematerializzazione delle cosiddette ricette bianche, ossia le prescrizioni di farmaci non rimborsati dal Ssn. Si è parlato di provvedimento a sorpresa e in molti si sono chiesti che cosa ci fosse dietro, ma la verità è che il decreto non era inatteso e dietro non c’è nessun manovratore occulto.

D’altronde, basta scorrere i primi paragrafi del decreto per collocare il provvedimento nella corretta cornice: tra le norme di riferimento, infatti, viene citato l’articolo 12 della legge 221/2012, dove si legge che il Fascicolo sanitario elettronico (Fse) «è alimentato dai soggetti e dagli esercenti le professioni sanitarie che prendono in cura l’assistito sia nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e dei servizi socio-sanitari regionali sia al di fuori degli stessi». Le basi della dematerializzazione della ricetta bianca stanno in questa disposizione e il fatto che dopo otto anni il legislatore se ne sia ricordato si spiega con i progetti per la sanità digitale del Recovery Plan italiano, che fanno in buona parte perno sullo sviluppo del Fse.

Anche il decreto di venerdì scorso non spunta all’improvviso: sono diversi mesi che il testo circola tra i Ministeri, e come riferiscono i bene informati le bozze hanno dovuto fare un doppio giro al dicastero della Salute perché in prima battuta erano state omesse le disposizioni sulla ripetibilità delle ricette (bianche).

Quanto poi ai sospetti che il decreto sia stato confezionato sotto dettatura di qualche lobby, basta scorrere gli articoli per capire che si è fatto tanto rumore per nulla. Per cominciare, il testo non accenna ad alcuna obbligatorietà della dematerializzazione, quindi i medici che prescrivono in regime non convenzionato potranno continuare a utilizzare la carta. In secondo luogo, il decreto chiarisce che anche per la ricetta bianca digitalizzata la piattaforma di riferimento è quella del Sistema Ts, quindi in caso di farmaci non rimborsati i medici che vorranno prescrivere digitalmente dovranno farlo dal Sac – un’opzione non proprio agevole – oppure dovranno prima chiedere un aggiornamento al loro gestionale, cosa che le software house non metteranno in campo dall’oggi al domani.

Quanto ai contenuti del decreto, i quattro articoli che lo compongono si possono dividere in due capitoli: gli articoli 1 e 2, che dispongono per la ricetta bianca dematerializzata lo stesso percorso e le stesse modalità prescrittive della ricetta Ssn, e gli articoli 3 e 4, che dettano le modalità dell’invio a regime e nella fase dell’emergenza. Nel primo caso, il paziente potrà inviare la ricetta bianca in farmacia direttamente dal Fse (o magari tramite app collegata al Fascicolo elettronico), sotto forma di promemoria dematerializzato. Nell’emergenza pandemica, l’invio della ricetta bianca dematerializzata (nel caso in cui il medico abbia scelto di prescrivere un farmaco non rimborsato in tale modalità) potrà avvenire con le stesse modalità oggi previste per la ricetta Ssn, cioè tramite sms, mail di posta elettronica e via di seguito. «Laddove possibile» chiude l’articolo «la farmacia provvede a recapitare i farmaci all’indirizzo indicato dall’assistito». Ma basta questo per far sospettare lo zampino di Amazon?