Non è andata giù, a laboratori e ambulatori dell’ospedalità privata, la variazione in corsa che dal testo “bollinato” del ddl Bilancio per il 2026 ha cancellato la disposizione sull’obbligo dell’accreditamento per la farmacia dei servizi. Lo fa chiaramente intendere il comunicato con cui l’Uap, la principale associazione di rappresentanza, torna sul dietrofront del Governo per chiedere spiegazioni. «Si è passati dalla chiarezza delle misure, rispettose della legge e garanzia di parità di trattamento con le altre strutture sanitarie, alla confusione. E tutto in una notte» protesta la presidente Mariastella Giorlandino «nella bozza del 20 ottobre era previsto che i servizi erogati dalle farmacie fossero integrati nel Ssn “previa autorizzazione e accreditamento, in conformità con quanto previsto per le altre strutture sanitarie”. Ma nel testo bollinato apparso il giorno dopo, quella clausola è sparita. Al suo posto una formula più vaga, che parla di integrazione nel Ssn senza menzionare né autorizzazione né accreditamento».
L’ospedalità privata ovviamente non ci sta e torna al suo vecchio réfrain: «Le farmacie non sono oggi in grado di rispettare i requisiti strutturali, organizzativi e tecnologici che la legge impone alle strutture sanitarie» recita la nota «per questo qualcuno vuole consentire loro di erogare prestazioni sanitarie in deroga, aggirando controlli, standard e responsabilità mediche. Ma se l’intento non è la tutela della salute, bensì un nuovo canale di business, allora diciamolo apertamente, anche perché da ciò ne deriverebbe un consequenziale aumento della spesa pubblica dovuta al fatto che gli screening eseguiti in farmacia, non avendo valore di atto medico, necessiterebbero di ulteriori esami di verifica e controllo, aumentando conseguentemente le liste di attesa».
I requisiti stringenti previsti per le strutture accreditate, ribadisce in conclusione l’Uap, «esistono per garantire la sicurezza dei pazienti. Pensare di ridurli o aggirarli significa aprire la strada a deroghe pericolose, che minano la qualità delle cure e la fiducia dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale».