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Farmacia dei servizi, Tar Lazio respinge il ricorso dei laboratori

16 Dicembre 2025

È legittima la delibera dell’etate scorsa con cui la Regione Lazio ha avviato la sperimentazione della farmacia dei servizi includendo le prestazioni di telemedicina come ecg e holter cardiaco e pressorio. Con una sentenza depositata ieri, 15 dicembre, il Tar Lazio ha respinto il ricorso presentato da una trentina di laboratori di analisi e strutture diagnostiche del territorio, confermando l’impianto del provvedimento regionale e fornendo una lettura destinata ad avere effetti che vanno oltre i confini laziali.

I giudici amministrativi hanno così chiuso una vicenda avviata quest’estate, quando i laboratori avevano impugnato la delibera di giunta del 19 giugno con cui la Regione aveva dato il via operativo alla sperimentazione. In particolare, il ricorso contestava la mancanza delle linee guida ministeriali previste dal dm 16 dicembre 2010, l’assenza di una preventiva valutazione del cronoprogramma da parte del ministero della Salute, il ricorso all’autocertificazione per i requisiti delle farmacie e la previsione di oneri economici non adeguatamente coperti. A inizio dicembre il Tar aveva già respinto la richiesta di sospensiva cautelare; con la decisione di merito, ora, arriva il definitivo ok alla sperimentazione.

Entrando nel merito, il collegio ha innanzitutto ricostruito il quadro normativo di riferimento, ricordando come la farmacia dei servizi trovi il suo fondamento nel decreto legislativo 153/2009 e nei successivi decreti ministeriali attuativi, oltre che nelle leggi di bilancio che hanno avviato e prorogato la sperimentazione in ambito regionale. In questo contesto, secondo il Tar, la Regione Lazio si è mossa all’interno di uno spazio di competenza che le è proprio, esercitando la funzione programmatoria e organizzativa in coerenza con le linee di indirizzo approvate in Conferenza Stato-Regioni. La delibera impugnata, osservano i giudici, non introduce una nuova disciplina autonoma, ma «si inserisce nel solco di una sperimentazione già avviata e più volte prorogata dal legislatore nazionale», limitandosi a declinarne l’attuazione sul territorio.

Uno dei passaggi centrali della sentenza riguarda la contestata assenza delle linee guida ministeriali specifiche sull’uso dei dispositivi. Su questo punto il Tar chiarisce che la mancata adozione di tali atti «non paralizza l’azione regionale», dal momento che esistono già disposizioni statali e accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni che definiscono cornici e limiti della sperimentazione. Le linee di indirizzo del 2019, richiamate dalla Regione, non sono quindi considerate un surrogato illegittimo di norme statali mancanti, ma uno strumento idoneo a orientare l’azione amministrativa in una fase sperimentale che, per sua natura, è progressiva e adattabile.

Analoga sorte tocca alla censura sul cronoprogramma e sui finanziamenti. Secondo i ricorrenti, l’assenza di una preventiva validazione ministeriale avrebbe impedito l’avvio della sperimentazione. I giudici respingono l’argomento, rilevando che la delibera regionale «non determina “ex se” nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica», ma si colloca entro i limiti delle risorse già destinate alla sperimentazione nazionale, la cui gestione operativa è rimessa alle regioni. In altri termini, la Regione può legittimamente programmare e avviare le attività senza che ciò comporti automaticamente l’erogazione di fondi statali aggiuntivi.

Ampio spazio è dedicato anche al tema, molto sensibile, della presunta disparità di trattamento tra farmacie e strutture sanitarie accreditate. I laboratori avevano sostenuto che l’erogazione di prestazioni diagnostiche in farmacia, pur se in telemedicina, aggirasse il sistema di autorizzazione e accreditamento imposto alle strutture tradizionali. Il Tar ribalta l’impostazione, osservando che le prestazioni in questione «non sono svolte in autonomia dalla farmacia», ma attraverso un modello che prevede il collegamento con centri e professionisti sanitari abilitati, nel rispetto delle competenze di ciascun attore. La farmacia, in questo schema, opera come presidio di prossimità e punto di accesso, non come struttura sanitaria alternativa o sostitutiva.

Quanto ai requisiti organizzativi e ai controlli, i giudici ritengono non irragionevole il ricorso, in fase sperimentale, a meccanismi di autocertificazione, purché inseriti in un quadro di monitoraggio complessivo. La sentenza sottolinea che la sperimentazione è finalizzata proprio a valutare «le modalità organizzative e gli impatti delle prestazioni erogate», e che eventuali criticità potranno essere corrette in sede di estensione o stabilizzazione del modello.

Infine, sul piano più generale, il Tar richiama esplicitamente gli obiettivi di politica sanitaria che fanno da sfondo alla farmacia dei servizi, dal decongestionamento delle strutture tradizionali al rafforzamento dell’assistenza territoriale, fino all’integrazione con i modelli delineati dal dm 77/2022 e dal Pnrr. In questa prospettiva, la scelta regionale di valorizzare la rete delle farmacie viene ritenuta coerente con l’evoluzione del Servizio sanitario nazionale, che punta su prossimità e accessibilità.

Nel respingere integralmente il ricorso, il collegio afferma dunque che «le censure mosse alla deliberazione regionale non colgono nel segno», perché muovono da una lettura rigida di un quadro normativo che, al contrario, è costruito per consentire sperimentazioni e adattamenti territoriali. Una conclusione che rafforza la posizione delle regioni impegnate su questo fronte e che difficilmente passerà inosservata nel dibattito nazionale sulla farmacia dei servizi.