Medici di famiglia «perplessi e preoccupati» per la mancanza di risorse che rischia di mettere in ginocchio l’assistenza territoriale. È l’allarme lanciato dalla Fimmg, il principale sindacato della mg, in vista della stagione autunnale e della prossima Legge finanziaria. «Occorre che il ministero dell’Economia trovi risorse adeguate per il Fondo sanitario nazionale e metta la medicina generale in condizione di sostenere il carico assistenziale che ha sempre garantito». Parole di Silvestro Scotti, segretario generale della sigla di categoria, che in un comunicato ribadisce l’esigenza di trovare almeno 10 miliardi da investire a vario titolo sui professionisti della salute: detassazione delle indennità, decontribuzione sulle assunzioni di personale assunto direttamente dai medici. «Ricordiamo che si interverrebbe su ambiti di una categoria che può e deve offrire ai cittadini, tra le altre cose, un’assistenza di prossimità e una corretta e continua gestione delle cronicità. I carichi di lavoro devono essere sostenuti con personale e capacità di investimento diretto perché già oggi stanno azzerando, se non negativizzando, l’attrattiva verso la nostra area».
Scotti ricorda come gli studi dei medici di medicina generale siano di fatto delle imprese a scopo esclusivamente pubblico e di interesse sociale. La decontribuzione, in particolare, potrebbe porre un argine alla carenza, drammatica, di medici di famiglia. «Nei prossimi anni» ricorda Scotti «ne mancheranno più di 7.000. Dobbiamo fare in modo che quelli che restano abbiano un livello organizzativo, anche nell’ambito della proposta primaria, arricchito della presenza di collaboratori amministrativi, operatori socio-sanitari e infermieri».
Altra questione che solleva più di un malumore nella categoria è (a sette mesi dalla firma dell’ultimo ACN) la mancanza dell’Atto di indirizzo per il Contratto nazionale con il Ssn 2022-2024. «Chiudere entro l’anno la questione» continua Scotti «servirebbe ad allineare gli stipendi dei medici al 2024, mentre siamo ancora al 2021. Allo stato attuale i mmg, che pagano in proprio tutte le spese legate alla professione, sono costretti a uno stipendio allineato al costo della vita del 2021, che non tiene conto dell’inflazione corrente».
Di qui l’appello della Fimmg al Mef, per ciò che concerne gli investimenti, e al presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, per le questioni contrattuali. «Su tutti questi punti» conclude Scotti «ci aspettiamo in brevissimo tempo risposte molto concrete, perché questi sono i temi reali sui quali si gioca la partita della sopravvivenza di un Ssn che sia efficace e al servizio dei più fragili». Il Congresso nazionale Fimmg, in programma in Sardegna ai primi di ottobre, sarà il momento nel quale la categoria intera tirerà le somme, con la ferma volontà – in caso di mancate risposte – di proclamare lo stato di agitazione e successivamente anche lo sciopero. «Se le condizioni lo richiederanno, in quella sede di confronto» ammonisce Scotti «proporremo ai maggiori sindacati dell’area sanitaria un’intesa per realizzare proteste e manifestazioni congiunte a favore di tutte le anime di un Ssn unico, che oggi si regge solo sull’attenzione dei suoi operatori convenzionati e dipendenti».