Rimane elevata la diffidenza dei medici per il Fse, strumento della sanità digitale che tra le altre cose dovrebbe agevolare la comunicazione tra curanti e farmacie per attività come il monitoraggio dell’aderenza terapeutica. Secondo dati recenti – di cui riferisce un articolo del Sole 24 Ore – soltanto il 5% dei medici di famiglia ha adempiuto all’obbligo, fissato al 30 settembre, di redigere il Profilo sanitario sintetico (Pss) o Patient Summary, ossia il documento di sintesi che dovrebbe contenere le informazioni sanitarie principali di ogni paziente per emergenze come un ricovero in pronto soccorso (perché è consultabile da sanitari e strutture anche in mancanza del consenso informato).
L’adempimento, previsto dal decreto ministeriale del 27 giugno e parte integrante del progetto Fascicolo 2.0 finanziato con le risorse del Pnrr, rischia così di slittare: il governo si prepara infatti a una proroga fino a dicembre, che sarà sottoposta alla Conferenza Stato-Regioni.
I medici denunciano difficoltà strutturali, sistemi informatici non adeguati, carichi burocratici aggiuntivi e, soprattutto, il timore che l’uso improprio dei dati possa dar luogo a violazioni della privacy e persino a discriminazioni. «Il Pss potrà apportare migliorie nell’assistenza dei cittadini, ma presenta numerose e pesanti criticità connesse con la cyber-sicurezza, con la privacy, con problemi di natura etica e medico-legale» avverte il presidente dell’Ordine di Milano, Roberto Carlo Rossi. A preoccupare è anche la fragilità delle reti informatiche: «Con un sistema che fa acqua da tutte le parti, l’applicazione del decreto sarà ardua se non impossibile. Ma evidentemente, per rispettare i termini del Pnrr, tutti devono far finta che questo sistema possa andare a regime entro settembre. Tutti, tranne chi deve lavorarci ogni giorno».
Il Pss è concepito come uno strumento di grande utilità clinica: un documento informatico sempre accessibile in caso di emergenza, anche senza il consenso esplicito del paziente, per garantire al pronto soccorso un quadro immediato delle condizioni di salute. Ma secondo i rappresentanti della medicina generale la strada appare ancora lunga. «I sistemi software in dotazione agli studi dei medici di famiglia hanno bisogno di adattamenti e aggiornamenti finalizzati al Pss, che non sono stati effettuati. Quindi il termine del 30 settembre è inattuabile» osserva il segretario della Fimmg, Silvestro Scotti. Il vicesegretario Nicola Calabrese sottolinea inoltre «la mancanza di una formazione specifica per i medici di base rispetto a questa nuova procedura, che ha una certa complessità e rischia di incrementare il carico di lavoro».
Al dibattito si aggiunge una questione di fondo: quali dati inserire e come trattarli. L’Ordine dei medici di Milano ha richiamato l’attenzione sul rischio che informazioni particolarmente sensibili – dipendenze, disturbi psichici o malattie stigmatizzanti – possano essere utilizzate in maniera impropria. «Alcuni dati potrebbero essere considerati troppo sensibili per essere condivisi. C’è il rischio che il Pss possa essere utilizzato per discriminare i cittadini, per esempio in ambito lavorativo o assicurativo» conclude Rossi.