Quattro medici (uno sloveno, una finlandese, una tedesca e una portoghese), un nutrizionista lettone, un infermiere italiano e una farmacista portoghese. Non è l’inizio della solita barzelletta sui tic nazionali ma il team di “influencer” reclutato dall’Ema – l’Agenzia europea del farmaco – per la sua campagna #HealthNotHype, la prima diretta a sensibilizzare il pubblico europeo sull’uso sicuro e responsabile degli agonisti del recettore Glp-1.
Sviluppati per curare il diabete di tipo 2, questi farmaci come noto sono ora indicati per la gestione del peso nelle persone che soffrono di obesità e di problemi di salute correlati al peso. La loro efficacia spiega l’Ema, «ha catturato l’attenzione anche al di fuori della comunità medica», con una forte esposizione sui media e in particolare sui social media e le sponsorizzazioni di celebrità dello spettacolo. Sono così cresciuti «sia l’interesse sia il rischio di disinformazione, uso improprio e altri problemi come la vendita illegale di prodotti contraffatti».
Di qui l’idea della campagna #HealthNotHype, diretta a diffondere il messaggio che gli agonisti del recettore del GLP-1 non sono soluzioni magiche per la perdita di peso. «Come tutti i farmaci, presentano benefici e rischi e non sono adatti a tutti. Sono trattamenti a lungo termine che devono essere accompagnati da altri cambiamenti nello stile di vita, sempre sotto la supervisione di un medico».
A tal fine, l’Agenzia ha selezionato sette “content creator” che comunicano sui social media (Instagram in particolare), scelti per «la loro credibilità nella comunicazione sanitaria e per la loro coerenza con i valori dell’Ema in termini di informazione basata sulle prove, rispetto, trasparenza e indipendenza». Si tratta di professionisti sanitari o esperti in nutrizione, che dai giorni corsi e per un mese circa pubblicheranno contenuti audiovisivi sui loro canali e interagiranno con i follower tramite quiz e sondaggi. «Collaborando con questi influencer» ha detto Emer Cooke, direttore esecutivo dell’Ema «vogliamo garantire che informazioni scientifiche convalidate siano parte integrante delle conversazioni che le persone hanno sui social media a proposito di tali farmaci».