Se in Lombardia l’epidemia influenzale è severa ma al momento non si registrano sovraccarichi in ospedali e pronto soccorso è per i buoni risultati della campagna vaccinale avviata a ottobre, cui hanno contribuito in modo massiccio le farmacie del territorio. Lo dichiara al Corriere della Sera Massimo Puoti, primario di Malattie infettive all’Ospedale Niguarda di Milano, che parla di epidemia « in anticipo di qualche settimana rispetto all’anno scorso» ma mitigata da una campagna vaccinale «che ha avuto più successo degli anni precedenti»: in Lombardia sono già 2,1 milioni le persone vaccinate, un numero pari a quello dell’intera scorsa stagione. «A mio avviso, il buon risultato è dovuto anche alla partecipazione delle farmacie, presenti in modo capillare nelle città, oltre che dei medici di famiglia e dei pediatri» sottolinea Puoti, che guarda con attenzione anche al rallentamento dei casi nella fascia 5-14 anni: «Speriamo che si mantenga il trend, perché è la fascia che poi diffonde il virus in famiglia».
Il quadro epidemiologico regionale, pur impegnativo, non desta quindi allarme immediato. Secondo i dati del sistema di sorveglianza Respivirnet, l’incidenza delle sindromi simil-influenzali in Lombardia è attualmente pari a 15,5 casi ogni mille assistiti, un livello classificato come di intensità “media”. Dopo una fase di crescita sostenuta, tra i bambini e i ragazzi l’incidenza è in lieve calo, così come tra i più piccoli della scuola dell’infanzia. Diverso l’andamento tra adulti e anziani, dove i contagi continuano ad aumentare, seppure senza impennate improvvise.
A livello clinico, circa la metà dei pazienti sottoposti a test dai medici di medicina generale risulta colpita dalla “vera” influenza, percentuale che scende al 43% tra i tamponi effettuati in ambito ospedaliero. Nei restanti casi i sintomi sono attribuibili ad altri virus respiratori, come rhinovirus, virus respiratorio sinciziale o Sars-CoV-2. «L’influenza stagionale “vera” si riconosce dalla presenza di tre segnali: un brusco rialzo della febbre, almeno un sintomo respiratorio e almeno un sintomo sistemico, come l’affaticamento generale», spiega Fabrizio Pregliasco, professore di Igiene generale e applicata all’Università Statale di Milano. «Se il paziente non è fragile, è sufficiente l’automedicazione responsabile».
Il virus dominante di questa stagione è l’influenzale A H3N2, nella variante K, caratterizzato da numerose mutazioni che ne facilitano la diffusione. «Non è più “cattivo”, ma ha sette mutazioni che gli permettono di eludere la nostra memoria immunitaria», osserva Pregliasco, ricordando come l’epidemia stia correndo anche in altri Paesi. In vista delle prossime settimane, segnate da viaggi, feste e riapertura delle scuole, l’esperto invita alla prudenza: «Non c’è allarmismo, ma preoccupazione. Il picco potrebbe arrivare tra Natale e l’inizio di gennaio».
Per tutelare i pazienti fragili e prevenire criticità nel sistema ospedaliero, la Regione ha attivato le misure previste dal Piano epidemico, puntando sull’ampliamento dei posti letto in Medicina e sull’apertura di ambulatori dedicati sul territorio per i casi meno gravi. Un’organizzazione che, almeno per ora, sta consentendo di assorbire l’impatto dell’epidemia. In questo contesto, il ruolo della vaccinazione resta centrale: «Siamo ancora in tempo per vaccinarsi», ribadisce Pregliasco, ricordando però che il vaccino protegge dall’influenza ma non annulla il rischio di altre infezioni respiratorie stagionali.