attualita

Medici di famiglia, carenza infinita: in dieci anni uno su tre in pensione

30 Ottobre 2025

In dieci anni ne sono “spariti” oltre 7mila, quasi il 20% del totale, e la prospettiva è che da qui al 2035 un medico di famiglia su tre andrà in pensione. È la fotografia di una professione in affanno quella tracciata da Sanità 24 in un servizio pubblicato ieri, che parla di una vera e propria “estinzione” in corso. Nel 2013 i medici di medicina generale erano 45.203, nel 2023 sono scesi a 37.983, e secondo la Fimmg – il principale sindacato di categoria – oggi già 5 milioni di italiani non trovano un medico di riferimento, ma in assenza di ricambio generazionale diventeranno presto 8 milioni. Le Regioni più in difficoltà sono Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e la provincia di Bolzano, dove i cittadini faticano sempre più a trovare un dottore disponibile.

La carenza non pesa solo sui pazienti: anche i medici rimasti sono sotto pressione, costretti ad assistere un numero sempre maggiore di persone – fino a 1.800 pazienti ciascuno in alcune regioni – in un contesto in cui la burocrazia e le ricette da compilare sottraggono tempo prezioso alle visite. A complicare il quadro, la difficoltà di formare nuove leve nonostante le borse di studio aggiuntive finanziate dal Pnrr: in sei Regioni – Lombardia, Liguria, Piemonte, Marche, Veneto e Trentino-Alto Adige – i bandi per accedere ai corsi triennali di formazione in medicina generale hanno registrato meno candidati dei posti disponibili.

«Un po’ me l’aspettavo, si è cantato vittoria troppo presto» commenta Noemi Lopes, vice segretaria nazionale della Fimmg, che ha raccolto i dati dei concorsi regionali. In Lombardia, per esempio, su 602 iscritti al bando per 390 posti si sono presentati alle prove soltanto in 306. Secondo Lopes, molti giovani medici preferiscono altre specializzazioni, anche a causa di condizioni economiche e lavorative poco attrattive: «Aumenta il costo della vita e affittare uno studio o pagare una segretaria è oneroso, soprattutto nelle grandi città del Nord. Servirebbero forme di detassazione. Inoltre, la borsa di formazione in medicina generale è di appena 900 euro al mese contro i circa 1.600 delle altre specializzazioni».

Il problema, però, non è solo economico. C’entra anche la qualità del lavoro. «Siamo sommersi dalla burocrazia che ci ruba tanto tempo. Noi vogliamo visitare, prenderci cura dei pazienti e utilizzare strumenti diagnostici, come già fanno molti colleghi» aggiunge la dirigente sindacale, che guarda con cautela anche all’integrazione dei medici di famiglia nelle Case di comunità: «Non ci è stato ancora spiegato quali mansioni avremo e in molte regioni queste strutture non sono nemmeno aperte».

Le riforme annunciate finora non hanno cambiato la sostanza. L’ipotesi di trasformare i medici di base in dipendenti del Servizio sanitario nazionale, sostenuta da alcune Regioni, è stata accantonata, e anche le proposte più moderate discusse al ministero della Salute sembrano destinate a restare sulla carta. L’unica novità concreta è contenuta nel disegno di legge delega sulle professioni sanitarie, che prevede di portare la formazione dei futuri medici di famiglia in ambito universitario. Un passo importante ma insufficiente, secondo molti osservatori, per invertire un trend che appare ormai strutturale.

Se non si troveranno presto soluzioni per rendere la professione più attrattiva e sostenibile, milioni di italiani rischiano di restare senza il proprio medico di fiducia: il primo anello della catena di cura, e da tempo il più fragile.