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Oppiacei nelle liste di equivalenza, timori da quattro società scientifiche

26 Novembre 2022

La decisione dell’Aifa di inserire gli oppiacei per la terapia del dolore nelle liste di trasparenza preoccupa le società scientifiche della medicina e le associazioni dei pazienti, in quanto «la sostituibilità automatica tra originatore ed equivalente e tra equivalente ed equivalente potrebbe risultare critica per i pazienti in trattamento». È quanto scrivono Aisd (Associazione italiana per lo studio del dolore), Simg (Società italiana di medicina generale), Federdolore-Sicd (Società italiana clinici del dolore) e Sicp (Società italiana di cure palliative) in un position paper sottoscritto anche da Fondazione Isal, Fondazione Paolo Procacci, Fondazione Onda e Cittadinanzattiva e discusso ieri al congresso nazionale della Simg in corso a Firenze.

La decisione di Aifa, osservano in particolare le società scientifiche, «appare in controtendenza rispetto all’atteggiamento estremamente attento dell’Agenzia circa la prescrizione di questi farmaci e le cautele suggerite dalle linee guida internazionali in merito alla gestione del dolore, in particolare quello cronico».

La classe degli oppiacei, infatti, è associata «a un’ampia variabilità interindividuale di risposta e talora associati a un potenziale rischio per la vita. Per la diagnosi e il trattamento del dolore, quindi, è fondamentale un approccio personalizzato e incentrato sulla persona, al fine di stabilire un’alleanza terapeutica tra paziente e medico, tant’è che prima di ricorrere ai farmaci oppiacei, si devono considerare quelle caratteristiche dei singoli pazienti che potrebbero influenzare la dose di oppiaceo da somministrare, valutare i fattori di rischio di abuso e implementare periodicamente un monitoraggio e un follow-up».

In particolare, «cambiamenti di marca, con il passaggio a un oppiaceo bioequivalente, potrebbero risultare critici soprattutto in individui con dolore cronico che utilizzano la terapia oppiacea». Ciò determinerebbe o l’abbandono della terapia da parte del paziente, «a causa degli effetti collaterali, con conseguente interruzione della necessaria continuità terapeutica, oppure una gestione autonoma della terapia da parte del paziente (con un’assunzione eccessiva del farmaco, rispetto a quanto prescritto) a causa della ridotta efficacia».

In ogni caso, prosegue il documento, «la sostituibilità dell’oppiaceo originatore con il bioequivalente imporrebbe un più frequente monitoraggio della terapia da parte del curante e costi aggiuntivi per il Sistema sanitario». Strategie per limitare i rischi di cui s’è detto «potrebbero essere quelle, da un lato, di garantire la continuità nell’uso del farmaco originatore in quei pazienti cronici che con tale farmaco abbiano iniziato la loro terapia, e dall’altro fornire ai farmacisti le informazioni adeguate affinché il passaggio da un bioequivalente all’altro rispetti proprio i criteri di bioequivalenza».

«Riconosciamo» concludono le società scientifiche «che l’approccio adottato fino a oggi sia stato corretto e che abbia consentito un uso responsabile degli oppiacei e dei loro generici. Pensiamo altresì che, al fine di un’ottimizzazione della gestione del paziente con dolore cronico, risulti necessaria una maggiore formazione ed educazione di tutti gli stakeholder coinvolti, piuttosto che un’azione diretta al controllo di una prescrizione che a oggi non risulta essere drasticamente in aumento».