I dati disponibili non evidenziano correlazioni tra l’uso del paracetamolo in gravidanza e un aumento del rischio di autismo, né malformazioni del feto o del neonato. È il chiarimento proveniente dall’Agenzia italiana del farmaco dopo la recente decisione della Food and drug administration statunitense di rivedere le etichette di Tylenol e altri farmaci a base di paracetamolo riguardo all’uso del principio attivo nelle donne in gestazione e il rischio di condizioni neurologiche come autismo e Adhd nei bambini.
«Alla luce delle più recenti valutazioni scientifiche effettuate a livello europeo» scrive l’Aifa in una nota «non emergono nuove evidenze che richiedano modifiche alle raccomandazioni in vigore sull’uso del paracetamolo in gravidanza». In particolare, una revisione condotta nel 2019 dal Comitato per la farmacovigilanza dell’Ema sugli effetti del paracetamolo nello sviluppo neuroevolutivo nei bambini esposti in utero «ha concluso che le evidenze disponibili risultano non conclusive e non supportano modifiche alle attuali raccomandazioni sull’uso in gravidanza. Le esperienze d’uso in ampie coorti di donne in gravidanza confermano, inoltre, l’assenza di rischi malformativi o tossici».
La raccomandazione, conclude il comunicato dell’Aifa, è comunque quella di utilizzare il paracetamolo durante la gravidanza alla dose efficace più bassa, per il periodo di tempo più breve possibile e con la frequenza minima compatibile con il trattamento. «L’Ema, in collaborazione con le autorità regolatorie degli altri Stati membri dell’Unione Europea, continuerà a monitorare costantemente la sicurezza dei medicinali contenenti paracetamolo e ad aggiornare le informazioni disponibili qualora emergessero nuovi dati».