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Recovery plan, tra i servizi delle Case di comunità anche farmaci e ausili

20 Maggio 2021

C’è anche la distribuzione di farmaci e presidi tra le funzioni istituzionali delle Case di comunità, gli hub delle cure primarie teorizzate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (detto anche Recovery plan) che il Governo Draghi ha inviato un paio di settimane fa a Bruxelles per l’approvazione. La novità arriva dalla versione in lingua inglese del Piano che Quotidiano Sanità ha divulgato il 10 maggio: nel paragrafo dedicato ai servizi assicurati dalle Case di comunità (pagina 634 del pdf) viene citata a chiare lettere la dispensazione di ausili protesici e prodotti farmaceutici («distribution of prosthetic aids, distribution of pharmaceuticals»), che il testo inquadra tra i servizi specialistici a supporto dei percorsi di cura («specialist assistance to support pathways»). Lo ha segnalato anche Francesco Danero, consigliere regionale di Federfarma Sardegna, all’assemblea nazionale di Federfarma riunita ieri in web conference.

Ma il menù dei servizi è ben più ampio: le Case di comunità, si legge nel documento, garantiranno accesso e risposta ai bisogni della popolazione per tutte le condizioni di bassa complessità assistenziale. Per iniziare assicureranno accoglienza (punto informativo) e prenotazione di visite e prestazioni, ma saranno anche il punto unico di accesso all’assistenza sociale e sanitaria del territorio, quindi medicina di famiglia, pediatria di libera scelta, clinica infermieristica per la gestione integrata delle patologie croniche, vaccinazioni e screening, assistenza agli anziani, cure specialistiche, diagnostica strumentale ecografica e radiologica ed eventualmente chirurgia ambulatoriale, riabilitazione, assistenza domiciliare e cure palliative.

La funzione di queste strutture sarà di fare da “hub” delle cure primarie per assicurare l’erogazione di serizi sanitari in una logica di prossimità. In particolare, saranno da una parte filtro per l’accesso degli acuti al livello ospedaliero e dall’altra coordineranno in modo integrato l’assistenza ai cronici (piccoli disturbi, esami diagnostici che non possono essere svolti a casa in telemedicina, presa in carico, gestione dei problemi famigliari eccetera). Nelle Case di comunità, in parole povere, gli assistiti potranno consultare il medico di famiglia o l’infermiere (di comunità), ricevere un orientamento sui servizi e sui percorsi sanitari da scegliere, risolvere la maggior parte dei loro problemi di salute sotto un unico tetto, gestire le malattie croniche attraverso percorsi assistenziali condivisi e governati.

Il documento appare dettagliato anche sotto il profilo organizzativo: le Case di comunità da aprire da qui al 2026 saranno 1.288, ripartite tra le varie Regioni in base a una numerica già definita (vedi tabella sotto). Ogni struttura coprirà un bacino di 15-25mila residenti e sarà provvista di 15 ambulatori per visite e consulto, punti di prelievo e dispositivi diagnostici per elettrocardiografia, radiologia, spirometria e via di seguito.

 

 

Entro l’anno prossimo, inoltre, il ministero della Salute emanerà un Contratto di sviluppo con Regioni e Asl per la realizzazione della rete delle Case di comunità. Il Contratto fisserà il cronoprogramma degli interventi e dovrà contemplare l’eventuale commissariamento delle Regioni inadempienti. Il Ministero, infatti, svolgerà il ruolo di coordinatore di progetto nei confronti dell’Ue e verificare il raggiungimento degli obiettivi intermedi di programma da parte di tutte le Regioni.

Non solo: nel documento il Governo italiano si impegna anche al reperimento di risorse aggiuntive per il funzionamento delle Case di comunità quando i fondi europei saranno esauriti. In particolare, le tabelle che accompagnano il Piano promettono dal 2027 (a cadenza annuale) un incremento di 180 milioni del Fondo sanitario nazionale soltanto per le Case di comunità, cui si aggiungeranno 134 milioni dalla riduzione delle ospedalizzazioni inappropriate, 729 milioni dal contenimento degli accessi inappropriati ai pronto soccorso e 329 milioni dalla riduzione della spesa farmaceutica, sempre grazie al contrasto delle inappropriatezze.