Rapporto di dipendenza per i medici di famiglia, accreditamento per le medicine di gruppo e le Uccp che operano nelle Case della comunità. Si fanno ancora più radicali i progetti delle Regioni (o meglio, di alcune Regioni) per la riforma della medicina generale. Lo ci deduce dal memorandum redatto nelle scorse settimane dai tecnici dei governatori e anticipato da Quotidiano Sanità, dove vengono fissati i punti salienti della riorganizzazione cavalcata da alcuni governi regionali (in prima linea Veneto, Lazio e Friuli Venezia Giulia). Le premesse della riforma sono chiare: senza un cambiamento profondo nei rapporti tra i medici di famiglia e i Servizi sanitari regionali, il potenziamento dell’assistenza territoriale delineato dal Pnrr rischia di restare incompiuto.
Nel mirino delle Regioni c’è in particolare il rapporto convenzionato (lo stesso genere di quello che lega Ssn e farmacie), considerato un freno all’evoluzione del sistema. Per uscire dallo stallo, il memorandum propone di superarlo attraverso due strade: la possibilità per i medici di optare per la dipendenza e l’introduzione dell’accreditamento, soprattutto per i gruppi che lavorano nelle Case di comunità. Quest’ultima, in particolare, è la novità del momento e le farmacie dovranno seguirne gli sviluppi con attenzione, dato che sui servizi la polemica con i laboratori riguarda proprio l’accreditamento.
Sul fronte della dipendenza, le Regioni suggeriscono un modello flessibile, nel quale siano proprio i contesti territoriali a determinare se ricorrere all’assunzione di dirigenti medici o mantenere la convenzione. Il passaggio alla dirigenza verrebbe agevolato da un percorso transitorio: chi è già convenzionato potrebbe entrare nella dirigenza medica con il riconoscimento facilitato dei titoli abilitativi, replicando meccanismi già adottati per altre specializzazioni. Per i nuovi ingressi, si propone di trasformare l’attuale corso di formazione in una vera e propria specializzazione universitaria, requisito oggi imprescindibile per l’assunzione a tempo indeterminato nel SSN.
Altrettanto innovativa, come anticipato, è la proposta di accreditamento. In alternativa alla dipendenza, il documento ipotizza una revisione radicale dell’Accordo collettivo nazionale, con la trasformazione del rapporto convenzionale in una formula di tipo privatistico-accreditato. A differenza dell’attuale impianto, l’accreditamento dovrebbe essere rivolto non ai singoli professionisti, ma a gruppi di medici associati che operano in modo continuativo nelle Case della comunità. Un modello, quest’ultimo, che ricalca l’impianto già in vigore per le strutture sanitarie accreditate e che promette di superare le criticità dell’attuale frammentazione organizzativa, incentivando la collaborazione multidisciplinare e l’uso condiviso di spazi, tecnologie e funzioni.
Il documento è ora all’attenzione del ministero della Salute, che dovrà tradurre i principi in norme operative. Le Regioni chiedono tempi rapidi e una cornice legislativa nazionale chiara, che permetta di avviare concretamente la riforma e garantirne la sostenibilità economica. Ma tanto tra i governatori quanto tra i partiti che sostengono la maggioranza, non tutti mostrano lo stesso fervore.