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Telemedicina, decreto incarica le Regioni di stimare i fabbisogni

7 Ottobre 2022

Si fa sempre più prossima l’apertura del cantiere per la telemedicina che dovrà realizzare gli obiettivi della Missione 6 – Componente 1 (sub-investimenti 1.2.3) del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ieri, infatti, la presidenza del Consiglio ha inviato alle Regioni la bozza di decreto del ministero della Salute che definisce le procedure con cui le Regioni stesse indicano il proprio fabbisogno di servizi di telemedicina e le aree cliniche finanziabili con lo stanziamento (un miliardo di euro) autorizzato dal Pnrr.

Per le farmacie il documento (anticipato da Quotidiano Sanità)  è d’indiscusso interesse, perché definisce l’intelaiatura all’interno della quale goni Regione dovrà inquadrare e definire le sue scelte in tema di telemedicina. Sarà dunque importante identificare – nelle diverse progettualità regionali – gli spazi in cui le farmacie del territorio possono collocarsi per contribuire al buon funzionamento dei servizi a distanza. Spazi che, a prima vista, nel decreto ministeriale si fanno fatica a cogliere.

Il documento, infatti, recepisce le Linee guida redatte dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che definisce l’investimento in telemedicina «un mezzo per contribuire a ridurre gli attuali divari geografici e territoriali; garantire una migliore “esperienza di cura” per gli assistiti; migliorare l’efficacia e l’efficienza dei sistemi sanitari regionali tramite la promozione dell’assistenza domiciliare e di protocolli di monitoraggio da remoto».

Assistenza domiciliare e monitoraggio da remoto sono le parole chiave: le Linee guida infatti dividono in quattro “cluster” i servizi di telemedicina finanziabili nell’ambito della Missione 6: televisita, teleconsulto, teleassistenza e telemonitoraggio/telecontrollo. La televisita, in particolare, «è un atto medico in cui il professionista interagisce a distanza in tempo reale con il paziente, anche con il supporto di un caregiver e di strumenti di telemedicina per le attività di rilevazione o monitoraggio a distanza dei parametri biologici e di sorveglianza clinica». Il teleconsulto, invece, è un atto medico in cui il professionista interagisce a distanza con uno o più medici per dialogare, anche tramite videochiamata, riguardo la situazione clinica di un paziente, basandosi primariamente sulla condivisione di tutti i dati clinici, i referti, le immagini, gli audio-video riguardanti il caso specifico. La teleconsulenza, a sua volta, «è un’attività sanitaria, non necessariamente medica ma comunque specifica delle professioni sanitarie, che si svolge a distanza ed è eseguita da due o più persone che hanno differenti responsabilità rispetto al caso specifico». Infine, la teleassistenza «è un atto professionale di pertinenza della relativa professione sanitaria e si basa sull’interazione a distanza tra il professionista e paziente/caregiver per mezzo di una videochiamata, alla quale si può, all’occorrenza aggiungere la condivisione di dati, referti o immagini», mentre il telemonitoraggio «è una modalità operativa della telemedicina che permette il rilevamento e la trasmissione a distanza di parametri vitali e clinici in modo continuo».

Sulla base di tali definizioni, le Linee guida individuano i professionisti della salute che dovranno “amministrare” tali servizi: medici di famiglia, pediatri di libera scelta, medici specialisti, infermieri e «altro personale sanitario e sociosanitario». E alle Regioni, il decreto chiede un rendiconto dettagliato dei fabbisogni stimati in base a una ripartizione per griglie: quanti pazienti si ritiene verranno seguiti in televisita da medici di famiglia, pediatri o infermieri, quanti assistiti in telemonitoraggio per ciascuna figura professionale e via di seguito. E per ogni servizio, le Regioni dovranno anche indicare quanti sistemi di telemedicina intendono acquistare (attraverso l’Agenas e le due amministrazioni “capofila”, Lombardia e Puglia) e quanti invece sono già in dotazione.

Il lavoro non manca e le scadenze non sono poi così remote: i Piani operativi regionali dovranno essere presentati entro il quarto trimestre di quest’anno, i modelli regionali di telemedicina andranno definiti entro il secondo trimestre 2023 e i servizi a distanza andranno attivati entro il primo trimestre 2024.

Quanto alle farmacie, dovranno cercare il loro spazio nelle griglie definite per ogni servizio. Le Linee guida dell’Agenas, per esempio, scrivono a proposito di teleassistenza che «l’attività, di pertinenza delle professioni sanitarie, è rivolta a tutte le persone in condizioni di fragilità cronica o post-acuzie e alle loro famiglie/caregiver. Il servizio può essere erogato a un’ampia platea di soggetti in diversi livelli assistenziali, e in particolare in quello delle cure domiciliari e delle situazioni assimilabili, per esempio case-famiglia, comunità residenziali, dormitori, centri diurni e strutture protette per emarginati, strutture di accoglienza per i minori non accompagnati. In casi particolari i servizi di teleassistenza possono essere attivati, integrati o condivisi anche con le forme di assistenza previste per ospedali, Irccs, Ospedale di comunità, Case di comunità, Residenza sanitaria assistenziale, casa di riposo e, con gli opportuni adeguamenti, per gli istituti di formazione e gli istituti penitenziari».

Invece il telemonitoraggio, per il quale i pazienti con diabete mellito di tipo 2 «possono rappresentare la categoria elettiva», potrà coinvolgere «mmg, pediatri di libera scelta, specialisti, infermieri e personale sanitario che svolge attività assistenziale presso il paziente, con il Centro servizi di telemedicina impegnato a garantire il funzionamento del sistema infrastrutturale».