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Belgio, Cassazione: legittimi i limiti deontologici alla libertà di parola

20 Settembre 2025

La libertà di espressione del farmacista può essere limitata dalla deontologia professionale, soprattutto quando il professionista diventa veicolo di disinformazione e utilizza espressioni «denigranti». È quanto afferma la sentenza della Corte di cassazione del Belgio relativa al caso di un farmacista che aveva diffuso sui social messaggi offensivi, denigranti e privi di fondamento scientifico sulle terapie adottate per arginare il covid e sui suoi colleghi. In una serie di post pubblicati su Facebook nei quali si presentava con il proprio titolo, in particolare, il farmacista aveva contestato le indicazioni provenienti da virologi ed epidemiologi, accusandoli di incompetenza e malafede, usando toni sempre più insultanti. Il Consiglio d’appello dell’Ordine dei farmacisti belgi aveva ritenuto che non si trattasse di critiche argomentate ma di attacchi personali e diffusione di informazioni errate, e lo aveva sanzionato con una sospensione disciplinare di 21 giorni (decisione del 19 maggio 2022).

Il professionista aveva presentato ricorso alla Corte di cassazione che però ha confermato la sanzione. Secondo i giudici, le esternazioni del farmacista avevano il potenziale di minare l’efficacia delle misure di salute pubblica adottate durante la crisi, indebolendo la fiducia nelle decisioni scientifiche e nella capacità del sistema sanitario di reggere la pressione. In tale prospettiva, gli obblighi deontologici mirano a tutelare l’onore e la dignità della professione e a salvaguardare la corretta informazione sanitaria rivolta ai cittadini.

Il provvedimento – di cui riferisce un articolo della rivista Le Pharmacien – ribadisce un principio centrale per le professioni sanitarie: la libertà di parola non è illimitata quando l’esercizio pubblico del ruolo professionale conferisce a quella stessa parola un’autorevolezza che può influire sulla salute collettiva.