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Farmacie da coinvolgere nello scompenso cardiaco, dice report inglese

17 Dicembre 2025

Rafforzare il coinvolgimento delle farmacie nella presa in carico dello scompenso cardiaco è una necessità per affrontare «una delle principali sfide sanitarie di questo secolo». È il messaggio che arriva dal rapporto Transforming heart failure services in the community, pubblicato il 5 dicembre dall’Alliance for Heart Failure (Ahf), una coalizione britannica che riunisce associazioni di pazienti, enti professionali, organizzazioni caritative e aziende sanitarie. Il documento, in sintesi, invita il Servizio sanitario inglese a valorizzare in modo strutturale il ruolo delle farmacie nello screening e nell’ottimizzazione terapeutica dello scompenso cardiaco in ambito territoriale.

Nel Regno Unito si stima che circa un milione di persone conviva con una diagnosi di scompenso cardiaco e che ogni anno si registrino oltre 200mila nuovi casi. Alla luce di questi numeri, il report sollecita gli Integrated care boards (Icb, i comitati responsabili della pianificazione, finanziamento e coordinamento dei servizi sanitari a livello territoriale) e le farmacie territoriali a integrare lo screening dello scompenso cardiaco all’interno del servizio Nhs di controllo della pressione arteriosa, già attivo nelle farmacie. In particolare, Ahf propone di affiancare alla misurazione pressoria una serie standardizzata di domande sui sintomi tipici dello scompenso, così da intercettare i pazienti a rischio nel corso di contatti routinari con il sistema sanitario.

Secondo il documento, un simile approccio consentirebbe di anticipare la diagnosi e di ridurre il carico sugli ospedali, oggi giudicato insostenibile. «Storicamente, lo scompenso cardiaco non ha ricevuto la stessa attenzione in termini di prevenzione, diagnosi e trattamento di altre grandi patologie, nonostante l’impatto sproporzionato su pazienti, Nhs ed economia», si legge nel report. Una sottovalutazione che, secondo Ahf, deriva anche da una percezione distorta della malattia, spesso considerata una condizione complessa e tipica esclusivamente delle persone anziane in fase terminale.

Il risultato è che circa l’80% dei casi viene diagnosticato in ospedale, sebbene in metà dei pazienti fossero già presenti segni e sintomi che avrebbero dovuto attivare una valutazione precoce e l’accesso a terapie salvavita. «Una quota significativa dei professionisti delle cure primarie non è pienamente consapevole dei percorsi diagnostici, delle opzioni terapeutiche e dei programmi di riabilitazione disponibili», osserva il report, aggiungendo che, pur in presenza di conoscenze cliniche adeguate, «la diagnosi precoce non è attualmente una priorità».

Tra le soluzioni indicate, Ahf chiede a Nhs England e agli Icb di istituire e ampliare ambulatori di ottimizzazione terapeutica dello scompenso cardiaco guidati da farmacisti, collocati anche all’interno delle farmacie. Queste strutture dovrebbero garantire aggiornamento tempestivo dei dosaggi dei farmaci, educazione del paziente e monitoraggio clinico, in stretta integrazione con medicina generale e specialisti, con l’obiettivo di migliorare gli esiti, ridurre i ricoveri e favorire l’uso appropriato delle terapie raccomandate dalle linee guida.

Il report richiama inoltre il piano decennale del governo per il Nhs, che punta a rafforzare il ruolo delle farmacie nella prevenzione cardiovascolare. In questo contesto, ampliare il servizio di individuazione dei casi di ipertensione allo screening dello scompenso viene definito «una vittoria facile». L’ipertensione, ricorda Ahf, è responsabile del 39% dei casi di scompenso negli uomini e del 59% nelle donne. «Domande aggiuntive per individuare lo scompenso cardiaco, con la possibilità di inviare il paziente a un test dell’NT-proBNP presso il medico di medicina generale o un centro diagnostico territoriale, amplierebbero in modo significativo lo screening dei casi non diagnosticati, soprattutto nelle aree ad alto rischio».