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Medici e farmacisti francesi contro la proliferazione delle cabine per teleconsulti

5 Luglio 2022

Comincia a preoccupare farmacisti e medici francesi la proliferazione delle cosiddette “cabine per il teleconsulto”, i corner con monitor e apparecchiature medicali che consentono ai pazienti di essere visitati a distanza. All’origine c’è la disposizione dell’assurance-maladie (la mutua pubblica) che nel 2018 ammette alla rimborsabilità il teleconsulto, allo scopo di offrire alternative ai francesi (circa l’11% della popolazione) che vivono in aree sprovviste di medico di base. Per un paio di anni la televisita rimane una pratica marginali, poi con il covid arriva il boom e oggi alcune ricerche stimano che il 22% degli assistiti è un utente abituale e soddisfatto del teleconsulto.

Nell’ultimo anno, così, le “cabine” hanno cominciato a spuntare come funghi: le hanno installate diverse municipalità delle aree rurali che sono sprovviste del medico di famiglia, varie Rsa per i loro ricoverati, gli ospedali, le farmacie, persino qualche azienda e almeno una catena di supermercati (Monoprix). Al momento dell’installazione il provider firma la convenzione con il service (o i medici convenzionati) che assicurano il servizio, individua un referente che gestisce gli appuntamenti e igienizza la cabina dopo ogni seduta e via. È il paziente a richiedere la visita al medico, via internet o per telefono, che fissa l’orario e si collega con l’assistito nel giorno e all’ora concordati. Domande e risposte avvengono tramite schermo con webcam, se c’è da effettuare un’auscultazione o misurare la pressione provvede direttamente il paziente con i dispositivi in dotazione e se alla fine c’è da fare una ricetta arriva pure quella, ovviamente via mail.

Come detto, lo scopo principale di questi corner è quello di assicurare l’assistenza medica di base alle comunità prive di ambulatorio di mg, tanto che a coloro i quali mostrano poco entusiasmo per la novità tecnologica l’assurance-maladie continua a rispondere con un “meglio così che senza medico”.

Ora però il numero dei medici e dei farmacisti che non apprezzano sembra lievitare e la causa non è tanto l’innovazione tecnologica in sé, quanto chi c’è dietro. In Bretagna, in particolare, le due professioni se la sono presa con la recente inaugurazione di diverse cabine di teleconsulto in ambienti non ospedalieri e senza comunicazione all’Urps competente (la consulta regionale delle professioni sanitarie) o al Cpts (la comunità professionale della sanità territoriale).

L’installazione di corner senza alcun legame con enti e iniziative locali, ha protestato l’Urps bretone come riferisce un articolo del Quotidien du pharmacien, mette a repentaglio l’organizzazione territoriale e porta a un deterioramento delle cure a causa della mancanza di follow-up e coordinamento: «La popolazione accede in pochi secondi alle consultazione a distanza con un generalista che, il più delle volte, esercita al di fuori del territorio ed è privo di legami con gli operatori sanitari locali».

È vero che si tratta di soluzioni straordinarie, ammettono all’Urps, ma occorre che le cabine siano collegate a un’Ott (Organizzazione territoriale di telemedicina) locale. Sulla carta questa dovrebbe essere la regola, ma le norme prevedono che nelle aree colpite da desertificazione medica i curanti che gestiscono il teleconsulto possono anche fare capo a una struttura sanitaria remota.

Jean François Guilherm, residente del Consiglio Regionale dell’Ordine dei Farmacisti della Bretagna, chiede che l’installazione delle cabine venga decisa d’intesa con il sistema sanitario e con tutti i professionisti che operano nella zona. Vanno evitate iniziative sostenute da politici locali il cui unico scopo è quello di guadagnare consensi.