I software utilizzati in Inghilterra per la ripetizione delle ricette ripetute potrebbero esporre al rischio che un paziente non riceva il medicinale di cui ha bisogno. È l’allarme lanciato da un coroner inglese (i medici legali che nell’ordinamento britannico indagano sulle cause di morte sospette o improvvise) in un rapporto trasmesso il 10 novembre scorso alla società informatica Optum. Nel documento (chiamato Prevention of future deaths report, perché serve a segnalare criticità potenzialmente pericolose) l’assistant coroner della contea di Cheshire osserva che il gestionale commercializzato dall’azienda e utilizzato dai mmg inglesi rimuove un farmaco dall’elenco delle ricette ripetibili del paziente se non viene richiesto per 12 mesi, senza però avvertire della modifica. Il richiamo nasce dal caso di Alan Mitchell, 88 anni, in terapia dal 2011 con inibitori di pompa protonica (Ppi) per il controllo dell’esofago di Barrett, morto il 12 marzo in seguito a un infarto.
Secondo il Pfd, Mitchell aveva smesso di richiedere la prescrizione ripetuta nel 2020. Nel corso di una revisione della terapia nel 2021, avrebbe riferito al proprio medico di non avere sintomi tali da richiedere più di una compressa al mese. Il coroner scrive: «È stato riferito in udienza che, se una prescrizione non viene ripetuta per un periodo di 12 mesi, il farmaco viene rimosso dal software Emis e non compare più nell’elenco delle prescrizioni ripetute; inoltre, il medico di medicina generale non riceve alcuna notifica né un prompt che autorizzi la modifica. Pertanto, il medico è costretto a reintrodurre in prescrizione il medicinale che il sistema ha eliminato, e questo è avvenuto due volte nel caso del signor Mitchell».
Il paziente era stato ricoverato all’ospedale di Macclesfield l’8 marzo per un sanguinamento gastrointestinale superiore. La gastroscopia prevista non venne eseguita perché non c’erano segni di sanguinamento attivo e la condizione cardiaca sottostante esponeva il paziente al rischio di eventi sfavorevoli durante la procedura. Il 12 marzo Mitchell aveva lamentato dolore toracico; l’elettrocardiogramma aveva evidenziato un infarto in corso, seguito da un rapido peggioramento che aveva portato al decesso.
Nel rapporto, il coroner chiarisce che la rimozione della terapia dal sistema informatico non ha avuto un ruolo diretto nella morte del paziente. Tuttavia, «la modifica di una prescrizione destinata a durare tutta la vita senza alcuna notifica al medico (né possibilità di scelta) espone al rischio che il paziente non riceva i medicinali necessari». Un rischio accresciuto, prosegue, quando «i pazienti sono anziani e/o assumono più farmaci e/o, come in questo caso, non ripetono la prescrizione perché dispongono di scorte».
L’azienda destinataria del rapporto ha 56 giorni di tempo dalla pubblicazione per comunicare le contromisure che verranno adottate.