Negli ultimi tre anni è calata sensibilmente la quota di cittadini britannici che, in presenza di piccoli disturbi o condizioni trattabili in autonomia, sceglie come prima opzione di rivolgersi al farmacista. A dirlo è l’edizione 2025 del Self-care census, l’indagine annuale condotta dalla Proprietary Association of Great Britain (Pagb), l’associazione delle aziende britanniche che producono medicinali da banco e prodotti per l’automedicazione. Secondo il rapporto, pubblicato ilso 24 luglio, la percentuale di adulti del Regno Unito che dichiara di chiedere consiglio al farmacista come prima scelta è scesa di 18 punti percentuali, dal 69% del 2022 al 51% del 2025.
Una contrazione significativa, che secondo la Pagb riflette un calo nella fiducia verso l’autocura e una scarsa consapevolezza delle competenze del farmacista nell’accompagnare i cittadini nella gestione autonoma dei disturbi minori. Un paradosso, se si considera che il 67% degli intervistati afferma di ritenere i farmacisti una fonte affidabile di informazioni sanitarie.
Tra i fattori che avrebbero contribuito al calo, spiega la Pagb, ci sarebbe anche il ritorno alle abitudini pre-pandemiche: durante l’emergenza da covid-19 le farmacie erano spesso l’unico presidio sanitario facilmente accessibile, ma una volta superata la crisi si è assistito a un graduale ritorno ai comportamenti precedenti. A peggiorare la situazione, inoltre, il fenomeno della chiusura di farmacie territoriali registrato nel Regno Unito negli ultimi anni.
Il 15% degli adulti riferisce che una farmacia nella propria zona ha chiuso nell’ultimo anno e, tra questi, quasi sei su dieci (59%) dichiarano che oggi è più difficile accedere a farmaci senza prescrizione e consigli sanitari. In media, il 34% degli interessati afferma di rivolgersi ora al medico di base invece che al farmacista. «L’accesso ridotto potrebbe anche accentuare le disuguaglianze sanitarie e colpire con maggiore durezza le fasce socioeconomiche più svantaggiate» avverte la Pagb: tra coloro che vivono in nuclei familiari con redditi inferiori alle 10mila sterline l’anno e sono stati toccati da una chiusura, il 51% si rivolge ora al proprio Gp (general practitioner, medico di medicina generale) per condizioni che in precedenza avrebbe gestito con l’aiuto del farmacista.
Dati in linea con quelli di uno studio pubblicato nel maggio 2025 da Bmj Open, che documenta un calo quattro volte più marcato nell’accessibilità alle farmacie nelle aree più deprivate dell’Inghilterra rispetto a quelle più benestanti. Tra il 2014 e il 2023, secondo i ricercatori, nelle aree più disagiate si è perso quasi il 12% delle farmacie di comunità, contro una flessione del 3% in quelle meno svantaggiate.
Per la Pagb, i numeri raccolti devono rappresentare un segnale per i decisori pubblici: serve riportare i servizi farmaceutici al centro della strategia nazionale per la salute e fare della farmacia di comunità un tassello fondamentale del piano decennale del governo britannico per contrastare le disuguaglianze sanitarie e spostare progressivamente l’assistenza dall’ospedale al territorio. Un passo in questa direzione è rappresentato dal programma Pharmacy First, avviato nei mesi scorsi per incentivare l’accesso diretto del cittadino ai farmacisti per la gestione di disturbi comuni. Ma secondo l’indagine Pagb, soltanto il 50% degli adulti britannici ne è a conoscenza.
«È un’opportunità da cogliere per rendere più visibili i servizi offerti dalla farmacia e rafforzare la fiducia del pubblico nell’automedicazione» commenta Mark Burdon, farmacista di comunità e consulente della Pagb. «Serve però anche ampliare i criteri di accesso al servizio Pharmacy First, in modo da includere un maggior numero di pazienti».
Sulla stessa linea Claire Anderson, presidente della Royal Pharmaceutical Society (la società scientifica britannica dei farmacisti), secondo la quale «i farmacisti sono esperti del farmaco e svolgono un ruolo cruciale nell’aiutare le persone a prendersi cura di sé con i giusti consigli e trattamenti». È quindi fondamentale, prosegue, che «la popolazione continui a sentirsi sicura nel chiedere il loro aiuto. Il rapporto Pagb sottolinea quanto sia importante mantenere una rete farmaceutica resiliente, per garantire l’accesso alle cure vicino a casa».
Anche per Anderson, programmi come Pharmacy First rappresentano un passo nella giusta direzione, ma «per sfruttare appieno il potenziale della farmacia territoriale servono investimenti sostenibili e un supporto adeguato alla forza lavoro».
Un appello che sembra trovare ascolto anche nelle istituzioni. A giugno il ministro della Sanità per la farmacia, Stephen Kinnock, ha riconosciuto che l’adesione al programma Pharmacy First è ancora inferiore alle attese e ha annunciato che il governo sta valutando nuove strategie per aumentarne la visibilità presso il pubblico.