La vaccinazione antinfluenzale contribuisce a evitare un numero rilevante di visite mediche e ricoveri, con benefici economici tangibili per i sistemi sanitari. L’ulteriore conferma arriva da una recente analisi condotta sui dati della stagione influenzale australe (marzo-settembre 2025) provenienti da otto Paesi dell’emisfero sud, tra i quali Australia, Argentina, Brasile, Cile e Sudafrica. Lo studio, pubblicato dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americani, ha incrociato le rilevazioni raccolte da 163 studi di medicina generale e oltre tremila ospedali, per un totale di più di 44mila pazienti con sindrome simil-influenzale (Ili) o con infezioni respiratorie acute gravi (Sari).
Il metodo utilizzato è il cosiddetto “test negative design”: tutti i pazienti coinvolti avevano sintomi compatibili con l’influenza, ma soltanto quelli risultati positivi al test costituivano i “casi”, mentre gli altri fungevano da gruppo di controllo. A entrambi i gruppi è stato poi rilevato lo stato vaccinale e da qui è stata calcolata l’efficacia della vaccinazione. I risultati parlano chiaro: chi aveva ricevuto il vaccino contro l’influenza è dovuto ricorrere a cure ambulatoriali o ospedaliere circa la metà delle volte rispetto ai non vaccinati. L’efficacia stimata si attesta al 50,4% per i casi gestiti in ambulatorio e al 49,7% per i ricoveri.
Il beneficio è apparso particolarmente marcato nei bambini e nei pazienti con patologie pregresse, in entrambi i casi con un’efficacia di poco superiore al 51%, mentre negli anziani la protezione è risultata più bassa, intorno al 38%, un dato atteso per effetto dell’immunosenescenza. Disaggregando i dati per tipo di virus, la protezione è stata più alta contro i ceppi di influenza B (quasi 78%) e più modesta contro i ceppi A, in particolare il sottotipo H3N2, notoriamente difficile da contrastare per la sua elevata capacità di mutare.
Dal punto di vista economico, diversi studi condotti in Australia hanno già evidenziato che il dimezzamento dei ricoveri e delle visite legate all’influenza si traduce in risparmi di rilievo per la sanità pubblica. Una ricerca recente ha stimato che estendere la vaccinazione universale agli adulti tra 50 e 64 anni porterebbe a un beneficio netto nell’ordine di miliardi di dollari australiani, grazie ai ricoveri evitati e agli anni di vita guadagnati in buona salute. Un’altra analisi, condotta in Australia Occidentale sui bambini, ha mostrato che anche incrementi modesti della copertura vaccinale si accompagnano a decine di migliaia di casi in meno e a risparmi concreti per le casse pubbliche.
L’esperienza dell’emisfero sud è particolarmente rilevante perché i ceppi virali osservati nei mesi invernali australi sono gli stessi che con buona probabilità circoleranno nell’emisfero nord a partire da ottobre. Per questo i dati australiani rappresentano una sorta di cartina di tornasole della stagione influenzale che ci attende. Se l’Italia dovesse replicare i livelli di efficacia registrati a sud dell’equatore, la campagna vaccinale 2025-26 potrebbe realisticamente ridurre della metà i ricoveri e le visite ambulatoriali legati all’influenza, con un impatto diretto sulla tenuta degli ospedali e sulle finanze del Servizio sanitario nazionale.