In Italia c’è urgente bisogno di ricostruire un clima di fiducia tra Paese legale e Paese reale, tra classe dirigente e governati. Per farlo occorre però superare l’omologazione che oggi contraddistingue le élite in cui si concentrano competenze ed esperienze: devono aprirsi alla pluralità, in modo da offrire agli elettori una vera alternativa, e devono rimettere in moto l’ascensore sociale che consente ricambio di teste e di idee. Anche attraverso il superamento del valore legale del titolo di studio, in modo da allargare formazione e selezione delle nuove classi dirigenti. Questo, in sintesi, il filo conduttore dell’incontro organizzato ieri sera a Roma per presentare il nuovo libro di Maurizio Sacconi, presidente dell’associazione Amici di Marco Biagi nonché ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali nel governo Berlusconi IV. Edito da Marsilio e intitolato “Popolo ed élite. Come ricostruire la fiducia nelle competenze”, il volume è una raccolta di scritti firmati, tra gli altri, da Fabio Pammolli, Stefano Parisi, Eugenia Roccella, Marco Villani e dallo stesso Sacconi. Messi assieme, tutti i contributi analizzano dalla prospettiva del loro autore le ragioni che rendono quanto mai necessaria la ricostruzione di una classe dirigente nazionale costituita da élite in competizione tra loro, accessibili a tutti in ragione di un’autentica parità delle opportunità.
Tra gli ospiti che hanno partecipato all’incontro e commentato il libro c’era il ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha aperto il suo intervento con un ringraziamento a istituzioni e operatori sanitari per quanto stanno facendo nell’emergenza contro l’epidemia da coronavirus. «La rottura tra popolo ed élite che contraddistingue le società occidentali» ha detto «è anche l’effetto di una globalizzazione che ha aiutato la crescita dei Paesi poveri, ma ha innescato in Europa una nuova grande questione sociale e una grande questione democratica. Davanti a un cambiamento sempre più rapido, cresce la domanda di protezione sociale di un ceto medio che è sempre più incerto per il futuro suo e dei suoi figli. Agli occhi di queste persone, le élite appaiono incomprensibilmente innamorate del cambiamento innescato dal progresso tecnologico».
Tra i commentatori anche Giancarlo Giorgetti, vicesegretario della Lega: «Le regole della democrazia oggi non funzionano più» ha osservato «perché quando il suffragio universale determina scelte che non sono in linea con l’opinione delle classi dominanti, dell’Unione europea o dei mercati, il voto viene contestato. La sfiducia nutrita dal popolo nei confronti delle élite deriva anche da questa crisi di democrazia».
«Questo libro rappresenta una lettura a più voci delle criticità che gravano oggi sul rapporto tra popolo ed élite» ha concluso Sacconi «è un fenomeno che non è solo nostro ma di tutti i Paesi occidentali, anche se qui si avverte una traumaticità che altrove non c’è. L’insicurezza che oggi avverte la società è certamente da addebitare agli errori commessi dalla classe dirigente, ma la questione è che nel tempo le élite si sono progressivamente asciugate, riprodotte per autogenerazione, si sono via via allontanate dal senso comune del popolo e adagiate su un proprio senso comune, che è sinonimo di autoreferenzialità ed egoismo».