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Antitrust: farmaceutica, le segnalazioni per il prossimo ddl concorrenza

11 Luglio 2023

Pubblicità sanitaria senza ostacoli, gare regionali semplificate sui farmaci biosimilari e armonizzazione delle regole relative ai buoni acquisto per celiaci. Sono i tre temi che, riguardo al mercato farmaceutico, l’Antitrust affronta nella segnalazione di rito a Governo e Parlamento per la predisposizione della nuova legge sulla concorrenza. La sua approvazione a cadenza annuale, ricorda l’Autorità garante, «rappresenta un momento importante dell’attuazione del Pnrr, che considera la tutela e la promozione della concorrenza quale fattore essenziale per favorire l’efficienza e la crescita economica del sistema». Tra gli obiettivi del Piano, non a caso, «c’è l’impegno di rispettare la cadenza annuale della legge sulla concorrenza, in quanto essenziale per rivedere in via continuativa lo stato della legislazione al fine di verificare se permangano vincoli normativi al gioco competitivo e all’efficiente funzionamento dei mercati».

Nella sua segnalazione, così, l’Antitrust «sottopone a Governo e Parlamento alcuni suggerimenti che derivano dall’osservazione quotidiana dei mercati, al fine di favorire l’eliminazione di quelle restrizioni che non risultino indispensabili per la tutela di rilevanti interessi generali» e «favorire la razionalizzazione del quadro normativo esistente con l’introduzione di una regolazione più semplice, chiara e trasparente, che possa garantire una maggiore concorrenza tra gli operatori».

Per quanto concerne il settore farmaceutico, gli interventi proposti dal Garante Roberto Rustichelli (foto) sono tre. La prima proposta è quella di abrogare la norma (articolo 15, comma 11-quater, del decreto legge 95/2012) che vieta di mettere in gara principi attivi differenti nelle procedure pubbliche di acquisto per farmaci biosimilari. La disposizione, scrive l’Antitrust, «appare eccessivamente e ingiustificatamente restrittiva», perché «l’esperienza clinica dimostra che sussistono ipotesi concrete di sovrapponibilità terapeutica tra alcune tipologie di biosimilari». Appare allora possibile «contemperare l’obiettivo di tutela della salute dei pazienti con quello di riduzione del costo delle cure attraverso la realizzazione di gare pubbliche per l’acquisto dei farmaci biosimilari che mettano in concorrenza tra loro anche principi attivi differenti ma con le medesime indicazioni terapeutiche, sulla base di motivate e documentate decisioni dell’Aifa riguardo alla sovrapponibilità terapeutica».

La seconda segnalazione dell’Antitrust riguarda la circolazione dei buoni acquisto per celiaci. La proposta, in sostanza, è di modificare l’articolo 6 del Decreto ministeriale 8 giugno 2001, in modo da delegare non più alle Regioni ma al ministero della Salute l’emanazione delle direttive per l’erogazione dei prodotti (da celiachia, ndr) da parte delle «farmacie e di tutti gli altri fornitori autorizzati alla vendita». Inoltre, per il Garante andrebbe aggiunto al decreto ministeriale 10 agosto 2018 un nuovo articolo 5-bis, che «preveda esplicitamente l’obbligo di riconoscere tutti i canali distributivi (farmacie, parafarmacie e strutture commerciali, specializzate o non, di piccola, media e grande distribuzione organizzata) quali punti di erogazione di cui all’articolo 6 del dm 8 giugno 2001». Nel medesimo decreto, inoltre, «potrebbe essere specificato l’obbligo di procedere all’erogazione dei contributi con sistema dematerializzato, che consenta l’utilizzo di procedure di accreditamento più snelle per i fruitori e sistemi di rimborso e rendicontazione telematici per i fornitori».

La proposta, come specifica il Garante, nasce dalla constatazione che «sussistono ancora significative differenze tra le diverse regioni in relazione alle concrete modalità di accreditamento e fruizione del contributo pubblico», con alcune regioni dove «i buoni, cartacei o digitali, risultano spendibili esclusivamente presso le farmacie (e/o le parafarmacie e/o gli esercizi commerciali specializzati)». Una situazione, rileva l’Antitrust, che determina «un‘ingiustificata restrizione della concorrenza», quando invece «in tutte le regioni dovrebbe essere realizzato sia il massimo allargamento possibile del numero e della tipologia dei negozi in convenzione con le Asl, sia un’adeguata razionalizzazione, semplificazione e dematerializzazione delle procedure di accreditamento».

L’ultima segnalazione, infine riguarda il tema della pubblicità da parte delle strutture sanitarie e degli iscritti agli albi delle professioni sanitarie, così come normata dal comma 525 della legge 145/2018 (La Finanziaria per il 2019). Qui la proposta dell’Antitrust è di eliminare l’inciso che limita il contenuto della comunicazione al pubblico alle sole informazioni «funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo». Per il Garante, infatti, la disposizione «ha reintrodotto delle ingiustificate limitazioni all’utilizzo della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie, in controtendenza rispetto al trend di liberalizzazione che ha contraddistinto l’evoluzione del settore», considerato che «circoscrivere il contenuto legittimo di una “comunicazione informativa” all’unico fine di “garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari” rende inefficace lo strumento pubblicitario».

Da notare che in quest’ultimo caso l’Autorità garante potrebbe essere “bruciata” sul tempo dal Parlamento. Poco prima che la segnalazione venisse pubblicata, infatti, è uscito sulla Gazzetta ufficiale il decreto legge 69/2023 (cosiddeto Salva infrazioni) che modifica il citato comma 525 secondo gli orientamenti espressi dalla Commissione europea. Nella nuova formulazione, il testo limita il contenuto della comunicazione da parte di strutture e professionisti sanitari (inclusi farmacie e farmacisti) ai soli elementi «funzionali a garantire il diritto a una corretta informazione sanitaria, restando escluso, nel rispetto della libera e consapevole determinazione dell’assistito, della dignità della persona e del principio di appropriatezza delle prestazioni sanitarie, qualsiasi elemento di carattere attrattivo e suggestivo, tra cui comunicazioni contenenti offerte, sconti e promozioni, che possano determinare il ricorso improprio a trattamenti sanitari».

Come osserva Federfarma nella circolare che dà notizia della pubblicazione del decreto, il nuovo comma 525 presenta alcuni passaggi di difficile interpretazione: per esempio il periodo che, per definire i contenuti autorizzati delle comunicazioni, rimanda all’articolo 2, comma 1, della Legge 223/2006, dove però si tratta di altro. Chiarimenti arriveranno forse dalla conversione in legge del decreto.