È stato respinto dal Tar Lazio il ricorso con cui Farmacieunite aveva impugnato la Convenzione tra Servizio sanitario nazionale e farmacie entrata in vigore lo scorso marzo, contestando la propria esclusione dalle trattative con la Sisac. Con la sentenza 22449/2025, pubblicata l’11 dicembre, la Terza quater del tribunale amministrativo ha giudicato infondate le censure sollevate dal sindacato, confermando la legittimità dell’iter che ha portato alla firma dell’Acn da parte di Sisac con Federfarma e Assofarm e alla successiva ratifica della Conferenza Stato-Regioni.
Il contenzioso nasceva, come noto, dall’esclusione di Farmacieunite dal tavolo negoziale riaperto nell’agosto 2024 dopo una lunga fase di stallo, trattative concluse poi a dicembre con la sottoscrizione dell’ipotesi di accordo e a marzo con l’intesa definitiva in sede di Conferenza. Secondo il sindacato ricorrente, la riconvocazione del 2024 avrebbe dovuto essere considerata l’avvio di un nuovo procedimento, con la conseguente necessità di aggiornare la rilevazione delle deleghe sindacali. Un nuovo conteggio che, a giudizio di Farmacieunite, avrebbe fotografato una rappresentatività ormai superiore a quella certificata nel 2016 e sufficiente per accedere alla contrattazione nazionale.
Il Tar non ha condiviso questa impostazione. I giudici amministrativi hanno innanzitutto ricostruito il quadro normativo di riferimento, chiarendo che il criterio della rappresentatività sindacale fondato sulla consistenza associativa rilevata tramite le deleghe per la ritenuta del contributo sindacale trova una base solida nell’Accordo Stato-Regioni del 5 dicembre 2013, che disciplina il procedimento di rinnovo degli accordi con il personale convenzionato e con le farmacie. In questo contesto, la soglia del 5% delle deleghe complessive, prevista per individuare le organizzazioni «maggiormente rappresentative» abilitate alla contrattazione nazionale, viene ritenuta dal Tar non solo legittima, ma anche coerente con l’esigenza di assicurare un ordinato svolgimento delle trattative.
Secondo la sentenza, la previsione di una soglia minima di accesso non viola né il principio del pluralismo sindacale né le disposizioni del decreto legislativo 502/1992, che affida la stipula delle convenzioni alle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il tribunale osserva che il legislatore non ha imposto un modello di partecipazione indiscriminata, ma ha rimesso alla disciplina pattizia e regolamentare la definizione dei criteri di rappresentatività, proprio per evitare una frammentazione del tavolo negoziale incompatibile con la funzione pubblica dell’accordo.
Un altro passaggio centrale della decisione riguarda la natura della riconvocazione del 2024. Per il Tar, la ripresa delle trattative dopo l’interruzione non ha dato vita a un nuovo e autonomo procedimento (come sosteneva Farmacieunite, ritenendo che ciò avrebbe dovuto comportare un riconteggio delle deleghe sindacali) ma si è collocata in continuità con quello avviato nel 2017 sulla base dell’atto di indirizzo del Comitato di settore. Da qui la conclusione che non vi fosse alcun obbligo, in capo alla Sisac, di procedere a una nuova rilevazione della rappresentatività. La consistenza associativa accertata nel 2016, mai formalmente superata da una nuova rilevazione, restava dunque il parametro valido per individuare i soggetti legittimati a sedere al tavolo.
I giudici respingono anche l’argomento secondo cui la partecipazione di Farmacieunite a protocolli d’intesa e tavoli istituzionali in altri contesti, come durante l’emergenza Covid, equivarrebbe a un riconoscimento generalizzato della sua rappresentatività ai fini della contrattazione dell’Acn. Tali precedenti, osserva il Tar, non incidono sulle regole specifiche che governano il rinnovo della convenzione farmaceutica, né possono sostituirsi ai criteri oggettivi fissati dall’Accordo del 2013.
Infine, la sentenza chiarisce che la preclusione alla partecipazione agli accordi integrativi regionali per le sigle non firmatarie dell’Acn nazionale è una conseguenza coerente dell’impianto complessivo della disciplina. Una volta legittimamente esclusa dalla contrattazione nazionale, Farmacieunite non può rivendicare un autonomo diritto di accesso ai tavoli regionali, che traggono fondamento e cornice proprio dall’accordo collettivo nazionale.
Nel complesso, il Tar Lazio offre una lettura netta: il limite del 5% alla rappresentatività sindacale è legittimo e motivato, la continuità del procedimento negoziale esclude la necessità di un nuovo conteggio delle deleghe e l’iter seguito da Sisac, Federfarma e Assofarm per il rinnovo dell’Acn 2025 risulta conforme al quadro normativo vigente. Una pronuncia destinata a pesare anche sui futuri equilibri della rappresentanza sindacale nel settore della farmacia convenzionata.