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E’ polemica sullo studio Sifo che dà vincente la distribuzione diretta

23 Gennaio 2018

Doveva essere lo studio “definitivo” in materia di doppio canale, quello che – al di là di ogni dubbio – avrebbe sentenziato una volta per tutte quale via di distribuzione tra convenzionata, dpc e diretta va preferita alle altre, in quali casi e perché. Invece, la ricerca condotta da Giuseppe Turchetti, docente di Economia e management della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, per conto del tavolo che Sifo e sigle della filiera farmaceutica (Federfarma, Fofi, Assofarm, Adf, Federfarma Servizi, Farmacieunite, più la partecipazione esterna di Cittadinanzattiva) avevano insediato un anno fa su proposta dei farmacisti ospedalieri proprio con l’obiettivo di misurare fino allo “zero virgola” i veri costi, economici e sociali, delle tre opzioni distributive, rischia l’inconcludenza.

Questa almeno è l’impressione che scaturisce dall’ultima riunione del tavolo, convocata martedì scorso (16 gennaio) per discutere e analizzare collegialmente le prime evidenze del lavoro condotto da Turchetti. Evidenze ancora da mettere a fuoco e dettagliare, ha avvertito la delegazione della Sifo, ma i cui numeri hanno fatto fare un salto sulla sedia al resto del tavolo. E il motivo è presto detto: dalle cifre la diretta emerge come la forma distributiva quasi sempre più conveniente per il Ssn. Non solo: la convenzionata si fa preferibile soltanto quando il farmaco ha prezzo inferiore ai 20 euro e la dpc risulta quasi sempre più costosa della diretta, in media di addirittura quattro euro a confezione.

Per giungere a tali conclusioni, ancora provvisorie come s’è detto, lo studio avrebbe esaminato minuziosamente i costi affrontati da ciascun canale: personale, magazzino, macchinari, immobilizzazione delle scorte eccetera. Devono ancora essere quantificati, invece, i costi a carico del cittadino, cioè il capitolo dell’indagine che alle sigle della farmacia più stava a cuore: la convinzione, infatti, è che se ai costi sostenuti dal Ssn si aggiungono quelli sociali – il tempo e il denaro spesi per andare a ritirare i farmaci all’Asl o all’ospedale, l’incidenza delle ore di lavoro perse sulla produttività del sistema-paese e così via – la distribuzione diretta perde ogni appetibilità.

Al tavolo la Sifo ha promesso che questa seconda serie di dati giungerà a breve, ma le rassicurazioni non hanno convinto gli altri partecipanti. Nella breve relazione che accompagnava le prime analisi, infatti, c’era scritto che «i costi di accesso per l’assistito sono difficili da quantificare correttamente», dunque «non si sommano al computo della scelta gestionale tra dpc e diretta». In altri termini, questi oneri sono «voci separate» che ciascun servizio sanitario regionale «potrà considerare dopo, e non insieme alla determinazione dei costi di gestione».

L’impostazione è stata subito contestata dalla delegazione di Cittadinanzattiva, che ha minacciato l’uscita dal tavolo. Ma obiezioni sono arrivate anche dalle altre sigle della filiera: il tavolo, hanno ricordato le rappresentanze della farmacia, era stato insediato con l’impegno di condurre uno studio impostato su una metodologia di lavoro condivisa, che tenesse conto di tutti i costi del doppio canale, diretti e indiretti. Le evidenze presentate martedì, invece, sono frutto di indagini condotte senza alcuna preventiva concertazione del metodo e non rispettano le condizioni di partenza. La Sifo ha promesso che aggiornamenti, limature e dati aggiuntivi sarebbero stati inviati nei giorni successivi, ma a una settimana di distanza dalla seduta ancora non è arrivato nulla. E intanto, tra i rappresentanti delle farmacie c’è chi si chiede se ha senso proseguire: al Ssn i costi sociali della diretta non interessano, premono soltanto i risparmi contabili; non è allora il caso di fornire alle Regioni cifre che, per quanto approssimative, potrebbero essere spese nella trattativa per il rinnovo della convenzione con l’obiettivo di sostenere le richieste pubbliche di un rafforzamento della diretta.