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Farmacia dei servizi, Gabanelli manca il bersaglio e argomenta male

25 Febbraio 2025

È un po’ come uno di quei legal thriller alla Perry Mason in cui le prove portate dall’accusa finiscono poi per aiutare la difesa. Sembra tanto questo il copione dell’ultima inchiesta di Dataroom, la rubrica del Corriere della Sera curata da Milena Gabanelli, sui testi diagnostici in farmacia. Non è la prima volta che la cosiddetta “stampa laica” affronta l’argomento (tutti ricorderanno di certo il servizio di Report di qualche mese fa) e neanche è la prima volta che la nota giornalista si occupa sulla sua rubrica di farmacia: l’aveva già fatto nel maggio dell’anno scorso in un reportage dove si parlava di distribuzione farmaceutica e – ancora – di servizi.

Ora però l’affondo è ancora più deciso: i cosiddetti Poct (Point of care test, cioè test eseguiti in ambienti dedicati) non sono attendibili quanto gli esami eseguiti nei laboratori di analisi. Per di più, le farmacie non sono soggette agli stessi controlli e verifiche cui devono sottostare per legge le strutture autorizzate, che per esempio testano frequentemente i loro apparecchi per verificare l’attendibilità dei risultati. E per finire – un rilievo che già aveva messo in luce il citato servizio di Report – i referti delle analisi effettuate in farmacia non sono firmati, quindi non hanno valore legale.

A sostegno delle proprie tesi, Dataroom cita alcuni studi e mette a confronto i risultati di due esami per il colesterolo, uno tipo Poct effettuato in farmacia e l’altro in un’Asl milanese (si presume sulla stessa persona, ovviamente). I valori registrati mostrano una certa distanza l’uno dall’altro (in farmacia colesterolo totale 185, all’Asl 205) e questa differenza per Dataroom conferma la tesi di partenza sull’inattendibilità degli esami in farmacia. Peccato però che – come si desume dalle immagini delle ricevute – tra i due test intercorrano addirittura due settimane (il test in farmacia è stato effettuato il 7 novembre, l’analisi del sangue all’Asl il 21 novembre) e per di più siano stati effettuati in due momenti della giornata decisamente diversi (il prelievo di laboratorio è stato effettuato alle 9.21, il test in farmacia alle 18.09); ora e data, in altri termini, rendono ogni confronto tra i due risultati decisamente aleatorio.

Ma il servizio della Gabanelli “toppa” anche quando cita altre prove. Per esempio, riguardo all’attendibilità dei test per il colesterolo l’articolo cita uno studio malese che evidenzia differenze anche del 14% tra i risultati di un esame in laboratorio e un test Poct in farmacia. Tuttavia, nell’abstract di questo studio – che per le sue valutazioni ha usato l’apparecchio Cardiochek® PA – si legge che «l’analizzatore ha mostrato un’accuratezza diagnostica accettabile per lo screening di individui ad alto rischio più spesso in luoghi in cui i laboratori sono inaccessibili. Potrebbe anche essere utilizzato in contesti clinici in cui i pazienti trarrebbero beneficio da decisioni terapeutiche rapide».

Tra gli altri studi citati dal servizio, vale la pena menzionare anche quello condotto in Italia con la collaborazione di otto farmacie e diretto a testare la qualità dei Poct per glucosio, trigliceridi e colesterolo. Stranamente, l’articolo si sofferma soltanto sui risultati della ricerca che evidenziano differenze anche del 44% nelle misurazioni dei livelli di trigliceridi, ma se si va a leggere l’abstract si scopre che trigliceridi a parte «per tutti i parametri le curve hanno mostrato una correlazione soddisfacente». E così, è la conclusione dello studio, «i risultati confermano le accettabili prestazioni analitiche delle farmacie Poct e specifiche critiche nelle fasi pre e post analitiche».

In altri termini, ciò che farmacisti ed esperti sono soliti sostenere per argomentare l’utilità della farmacia dei servizi. «Noi per primi ricordiamo sempre ai nostri clienti che le analisi in farmacia servono per monitorare i parametri e che si deve sempre ricorrere a esami di laboratorio quando c’è qualche sospetto o per i controlli periodici» commenta la presidente di Federfarma Lombardia, Annarosa Racca «quindi anche in questa occasione così come quando altre volte la stampa si è occupata di noi, constatiamo che i rilievi non sono veritieri. Le farmacie non vogliono sostituirsi ai laboratori di analisi né fare il lavoro dei biologi, ma – come dicono a chiare lettere anche gli studi che la stessa Gabanelli cita – offrire ai pazienti la possibilità di controllare in modo veloce e pratico i propri parametri. E sono controllate severamente e continuativamente dalle Asl. Lo possiamo fare perché le farmacie hanno la prossimità e l’accessibilità che non è di nessun’altra struttura sanitaria, quindi sono comode per i cittadini ed evitano perdite di tempo o lunghi spostamenti. La farmacia non vuole togliere spazi a nessuno, risponde soltanto a un bisogno concreto della popolazione. Rimaniamo comunque aperti a ogni ulteriore confronto e approfondimento ai fini di un servizio ancora migliore».