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La nuova moda, ricette false smerciate su internet per procurarsi stupefacenti

29 Maggio 2025

Un adolescente si presenta al banco con una ricetta bianca per l’Oxycontin. È firmata da un medico locale, riporta la sua città, tutto sembra in ordine. Ma qualcosa non convince. La farmacista chiama il medico, che smentisce: quel paziente non esiste. La ricetta è falsa. Il ragazzo, scoperto, si allontana senza dire una parola. La scena, raccontata ieri da la Repubblica (in un articolo firmato da Alessandra Ziniti), è solo una delle tante che si stanno moltiplicando nelle farmacie italiane, sempre più spesso teatro inconsapevole di un traffico sommerso che ha per protagonisti adolescenti, oppiacei e prescrizioni taroccate.

È un fenomeno in crescita, pericoloso e difficile da intercettare: lo smercio di ricette mediche false – su carta o dematerializzate – che circolano tra minori via Telegram, Signal e altri canali criptati, per ottenere medicinali ad alto rischio d’abuso, dagli ansiolitici agli analgesici oppioidi. Le inchieste in corso, partite da Perugia dopo il suicidio dello studente Andrea Prospero, hanno già documentato l’esistenza di una rete strutturata e in espansione. Il modello è semplice quanto inquietante: una ricetta falsa costa venti euro, inviata via posta a domicilio o a un locker anonimo. Per una dematerializzata il prezzo sale a quaranta: più sicura, meno appariscente, ma frutto di una vera incursione nel sistema informatico del Ssn, con furto di credenziali dei medici.

Il problema per i farmacisti non è solo il rischio di dispensare un farmaco a chi non ne ha titolo, ma anche l’impossibilità – nei casi più sofisticati – di distinguere a occhio nudo una prescrizione autentica da una falsificata. Secondo quanto riportato da Repubblica, le ricette dematerializzate vengono compilate accedendo fraudolentemente al Sistema Sac, utilizzando dati e codici rubati. In alcuni casi i farmacisti sono stati i primi a scoprire l’inganno, contattando i medici titolari delle firme, che hanno confermato l’estraneità. Ma in altri casi è stata la polizia a risalire a posteriori alle farmacie coinvolte nel rilascio, anche se in buona fede.

Per il titolare, la situazione è doppiamente delicata: da un lato, la responsabilità di verificare la correttezza formale delle prescrizioni; dall’altro, la crescente necessità di sviluppare un intuito clinico e relazionale per intercettare segnali d’allarme. Come il nervosismo di un giovanissimo paziente, l’incongruenza tra il farmaco richiesto e il profilo anagrafico, o l’insistenza nel non voler aspettare. Nessuno strumento digitale, almeno per ora, consente di smascherare con certezza una dematerializzata falsa se il sistema la registra come valida.

Le indagini stanno ampliando il perimetro dei medici coinvolti loro malgrado: ignari professionisti di diverse regioni (Lombardia, Piemonte, Abruzzo, Lazio) ai quali sono stati sottratti dati e codici. Il rischio, anche per le farmacie, è di trovarsi in prima linea senza gli strumenti adeguati a difendersi.

La crescente domanda di oppiacei e psicofarmaci tra i più giovani, al di fuori di ogni supervisione sanitaria, mette in discussione l’intera filiera. L’inchiesta nata dal caso Prospero ha già portato all’arresto di un coetaneo che lo aveva istigato al suicidio via chat. Ma dalle sue conversazioni sono emersi dettagli inquietanti su un traffico gestito da adolescenti per altri adolescenti, tra i banchi di scuola. Nelle chat si parla di verifiche in classe e di ricette “da preparare”, con un lessico da laboratorio clandestino e una leggerezza che fa impallidire.