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Pianta organica, il Cds ribadisce: è strumento di tutela di interessi pubblici

16 Gennaio 2025

La norma della legge 475/1968 che fissa in 200 metri la distanza minima tra due farmacie aperte al pubblico non è in contrasto con i principi costituzionali e comunitari in materia di libera concorrenza ma mira a garantire «l’accesso al farmaco e, di conseguenza, la tutela della salute in modo omogeneo sul territorio nazionale, evitando che le farmacie si concentrino nelle zone più favorevoli e lasciando sguarnite le aree decentrate». Lo scrive il Consiglio di Stato nella sentenza, pubblicata il 13 gennaio, con cui respinge l’appello presentato da una farmacia romana nell’ambito di un contenzioso sorto attorno a una domanda di trasferimento.

Della vicenda FPress si era già occupato nel maggio scorso all’epoca della sentenza di primo grado: una richiesta di spostamento in nuovi locali era stata accolta dal Comune di Roma ma bocciata dal Tar Lazio in seguito a impugnazione di un’altra farmacia, perché tra la data delle rilevazioni effettuate dall’amministrazione municipale e la concessione del trasferimento era stato aperto un nuovo passaggio pedonale, che aveva ridotto la distanza minima percorribile da più di duecento a meno di 180 metri.

Contro quella sentenza la farmacia interessata al trasferimento ha proposto appello davanti al Consiglio di Stato, che l’ha però respinto per infondatezza. Le motivazioni principali confermano i ragionamenti già espressi dal Tar, per cui è inutile tornarci, tuttavia nell’appello la parte interessata aveva anche lamentato «l’incompatibilità del limite distanziometrico di 200 metri con i principi costituzionali e comunitari in materia di libera concorrenza».

Anche in questo caso il Consiglio di Stato ha espresso indicazioni opposte. A parte il rilievo che «l’appellante formula censure generiche e immotivate», i giudici amministrativi ricordano che la distanza dei 200 metri rappresenta uno dei due criteri (demografico e topografico) su cui si fonda l’istituto della pianta organica, ossia «lo strumento fondamentale preordinato alla dislocazione degli esercizi farmaceutici sul territorio, al fine di garantire una rete articolata di sedi che corrisponda in modo organico alle esigenze degli utenti». La pianta organica, prosegue il Consiglio di Stato «è uno strumento presente nella maggior parte dei Paesi europei e serve a evitare le concentrazioni, a favorire una distribuzione equilibrata ed evitare anche i monopoli orizzontali, cioè la creazione di situazioni in cui un segmento della filiera del farmaco sia riconducibile a un numero ristretto di soggetti».

D’altra parte, ricordano i giudici, l’articolo 52 del Tfue prevede che possano essere previste «eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà», anche se «solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

Con sentenza del primo gennaio 2010, continua il Consiglio di Stato, la Corte di Giustizia Ue ha ritenuto compatibili con il Trattato europeo istituti, come la pianta organica, «volti al contingentamento delle farmacie sul territorio nazionale, in quanto costituiscono una limitazione volta a garantire un equo accesso ai servizi per tutta la popolazione». Queste norme, ribadisce il Consiglio di Stato, «sono effettivamente una limitazione della libertà di insediamento, tuttavia si tratta di una limitazione proporzionata alla necessità di garantire l’accesso al farmaco».

Anche la Corte costituzionale, rammentano ancora i giudici, si è pronunciata sulla legittimità della disciplina di cui alla 475/68 affermando con la sentenza 216/2014 che «il legislatore ha organizzato il servizio farmaceutico secondo un sistema di pianificazione sul territorio, per evitare che vi sia una concentrazione eccessiva di esercizi in certe zone, più popolose e perciò più redditizie, e nel contempo una copertura insufficiente in altre con un minore numero di abitanti». Di conseguenza, conclude la sentenza del Consiglio di Stato, «il legislatore non ha frapposto alcun ostacolo all’iniziativa economica privata e alla libera concorrenza, ma l’ha semplicemente regolata nel pieno rispetto dei principi costituzionali e comunitari, rispondendo detta disciplina a esigenze di interesse pubblico e ad obiettivi di pianificazione territoriale».