A meno di ripensamenti dell’ultimo momento, resta confermato per il 6 novembre lo sciopero generale dei dipendenti delle farmacie private (farmacisti e non) che le sigle confederali Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs avevano proclamato la settimana scorsa e ieri hanno confermato le assemblee delle tre organizzazioni. C’è soltanto un’ultima incombenza da assolvere, quella posta dalla Commissione di garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici che il 23 ottobre, dopo l’ufficializzazione dei confederali, aveva scritto agli stessi per sollecitarli a «comunicare per iscritto, entro cinque giorni dalla ricezione della presente, la durata e le modalità di attuazione, nonché le motivazioni, dell’astensione collettiva dal lavoro».
Intanto, l’avvicinarsi della giornata di agitazione sembra suscitare crescente disagio e malumore. Pesa in particolare il precedente della Sardegna, dove due settimane fa i sindacati hanno indetto uno sciopero regionale che ha registrato un’adesione superiore alle attese, al punto da costringere alcune farmacie a restare chiuse. C’è chi teme che la stessa scena possa ripetersi il 6 novembre e non invitano all’ottimismo le telefonate (non tantissime, ma allarmate) di quei titolari che chiedono istruzioni alle Federfarma territoriali dopo avere scoperto con sorpresa che i loro collaboratori parteciperanno alla giornata di agitazione.
Va detto che riguardo alla salvaguardia del servizio farmaceutico, la Commissione di garanzia ha già dato nella lettera citata sopra alcune indicazioni esplicite: «Al fine di garantire l’equo contemperamento dei diritti costituzionalmente garantiti alla vita e alla salute dei cittadini e a quello di sciopero dei lavoratori dipendenti delle farmacie private » recita la comunicazione «si richiamano tutte le Parti ad assicurare le prestazioni indispensabili e, quindi, a garantire i servizi minimi, secondo una combinata e contemperata lettura dell’articolo 2, commi 2 e 3, e dell’articolo 13, comma 1 lett. a), della Legge 146/1990».
I due commi dell’articolo 2, in particolare, specificano che nei contratti collettivi le parti «concordano le prestazioni indispensabili da assicurare nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, nonché le modalità e le procedure di erogazione. L’articolo 13, invece, specifica che «le prestazioni indispensabili devono essere individuate in modo da non compromettere le esigenze fondamentali» e vanno «contenute in misura non eccedente mediamente il 50 per cento delle prestazioni normalmente erogate e riguardare quote strettamente necessarie di personale non superiori mediamente ad un terzo del personale normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio».
Applicare tuttavia queste due indicazioni a realtà particolari come quelle di molte farmacie, dove il personale si conta sulle dita di una mano, non è facile, e poi c’è da capire se queste medie valgono per la singola farmacia o per bacini con più farmacie. Federfarma ha già fatto sapere che fornirà a breve ulteriori comunicazioni sulle modalità applicative.