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Bruxelles: parallel trade tedesco legittimo, Stati hanno modo di tutelarsi

12 Febbraio 2020

Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia europea, il commercio parallelo di farmaci «è una forma legittima di scambio all’interno del Mercato unico». Lo ha detto l’altro ieri Thierry Breton, commissario Ue per il mercato interno, rispondendo all’interrogazione presentata a dicembre dalla parlamentare europea Kateřina Konečná. Nel suo intervento, la rappresentante ceca aveva chiesto se le norme che in Germania spingono le farmacie a preferire il medicinale importato meno caro quando il farmaco prescritto non è sostituibile siano compatibili con il diritto europeo.

Il nuovo contratto quadro firmato nel luglio scorso da farmacie e associazione delle casse-malattia tedesche, spiegava la deputata, consente ai farmacisti di trattenere la differenza quando i risparmi conseguiti dalla dispensazione dei farmaci importati superano la soglia richiesta. Risultato: nei Paesi dove i medicinali hanno prezzi più bassi perché il potere d’acquisto degli abitanti è inferiore, le scorte hanno cominciato a esaurirsi a causa delle crescenti esportazioni verso la Germania. «La Commissione» concludeva Konečná «dica se ha all’esame un intervento legislativo che risolva la situazione o se intende fornire agli Stati membri uno strumento giuridico per proteggersi da queste pratiche commerciali».

Nella propria risposta, Breton, chiarisce che «la Commissione non ha ricevuto alcuna denuncia in merito alla possibile incompatibilità dell’articolo 129 del Sozialgesetzbuch (la legge tedesca da cui discendono gli accordi quadro tra casse-mutua e farmacie, ndr) con le regole del Mercato interno». Inoltre, «la Commissione non dispone di informazioni secondo le quali questa disposizione violerebbe il diritto comunitario». La giurisprudenza europea, inoltre, riconosce che il commercio parallelo di medicinali è una forma legittima di scambio all’interno del mercato interno, fatti salvi gli articoli 34-36 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che consentono agli Stati di adottare disposizioni specifiche purché non discriminatorie tra prodotti nazionali ed esteri. Peraltro, ha ricordato Breton, non va dimenticato che la direttiva 2001/83/Ce sui medicinali per uso umano riconosce ai Paesi dell’Unione il diritto di assicurare una «fornitura di farmaci adeguata e continua, affinché possano essere coperte le esigenze dei loro pazienti». Già oggi, dunque, gli Stati membri «possono adottare misure per prevenire o affrontare la carenza di medicinali, limitando la loro libera circolazione da, verso e all’interno del loro territorio al fine di proteggere la vita umana e garantire un’adeguata fornitura di medicinali sul loro territorio. Tali misure, tuttavia, devono essere giustificabili, necessarie e proporzionate agli obiettivi perseguiti».