Nel 2024 la spesa farmaceutica pubblica e privata ha superato i 37 miliardi di euro, in aumento del 2,8% sull’anno precedente. Di tale cifra, il 72% è stato coperto dal Servizio sanitario nazionale, che ha messo quindi sul piatto rimborsi per 26,8 miliardi (+7,7% sul 2023). Circa la metà di tale spesa, ossia 13,7 miliardi, ha riguardato la componente territoriale, ossia convenzionata più distribuzione diretta e per conto, che è cresciuta del 5,1% sull’anno precedente sulla spinta principale della spesa per i farmaci del Pht, diretta (+4,6%) e per conto (+10,9%).
I dati arrivano dal Rapporto Osmed 2024, che l’Agenzia del farmaco ha presentato ieri alla stampa in un incontro organizzato a Roma. L’analisi conferma trend ormai storici, con la spesa per farmaci delle strutture pubbliche (17,8 miliardi, +10%) che continua a registrare gli aumenti più cospicui per la combinazione tra maggiori consumi (+4,7%) e incremento del costo medio per giornata di terapia (+4,8%). La spesa privata, cioè quella sostenuta dai cittadini, ha invece raggiunto i 10,2 miliardi di euro tra compartecipazioni e acquisti privati di classe A e classe C.
Il risultato è una spesa procapite (pubblico più privato) che in Italia si assesta sui 672 euro, inferiore a Germania e Austria ma superiore a Francia, Svezia e Gran Bretagna. Tuttavia, se si considerano i meccanismi di payback vigenti in Italia, la spesa scende a 627 euro, in linea con la media europea. Sul fronte dei prezzi, il mercato nazionale si conferma tra i più bassi del continente.
Per quanto riguarda i consumi, nel 2024 in Italia sono state assunte ogni giorno 1.895 dosi di medicinali ogni mille abitanti. I farmaci cardiovascolari restano la prima categoria per volumi, mentre antitumorali e immunomodulatori sono al primo posto per spesa (circa 8,2 miliardi). Il 68% degli assistiti ha ricevuto almeno una prescrizione nel corso dell’anno, con differenze di genere marcate nelle fasce centrali della vita e un’aderenza alle terapie croniche che resta critica soprattutto negli anziani, dove un paziente su tre assume almeno cinque farmaci per oltre sei mesi l’anno.
Nel Rapporto particolare attenzione viene dedicata ai farmaci antidiabetici, categoria che continua a crescere: nel 2024 la spesa pubblica ha superato i 1.600 milioni di euro (+13,2%), trainata dallo spostamento dei consumi verso molecole più recenti come analoghi del GLP-1, gliflozine (da quest’anno in convenzionata) e tirzepatide. Le gliptine, riclassificate nell’estate 2024 da Pht a convenzionata, registrano un aumento della spesa del 35,5% a fronte di consumi in lieve riduzione: un fenomeno che il Rapporto attribuisce all’aumento del costo medio per giornata di terapia (+40,3%) che a sua volta è da legare anche alla già citata uscita dalla diretta.
Gli equivalenti rappresentano il 23,5% della spesa e il 31,6% dei consumi: una crescita lenta, tale da mantenere l’Italia nelle posizioni basse della classifica europea, con una forte eterogeneità territoriale. Rimane invece elevata la quota dei biosimilari.
Tra i farmaci di classe C soggetti a spesa privata, si segnala l’aumento degli acquisti di analoghi del GLP-1 utilizzati a fini di dimagrimento, con la semaglutide che entra direttamente tra i primi principi attivi per spesa.
«La spesa pro capite italiana è sostanzialmente in linea con la media europea e i prezzi sono tra i più bassi» sottolinea il direttore tecnico-scientifico Pierluigi Russo. «Resta cruciale monitorare i nuovi antidiabetici, l’uso di psicofarmaci in età pediatrica e la gestione delle terapie avanzate».
In dissintonia il direttore amministrativo dell’Aifa Giovanni Pavesi, che ha chiesto attenzione ai conti. «Dobbiamo affinare un po’ di più gli strumenti di controllo» ha detto «sono convinto che le Regioni non condividano l’affermazione che tutto va bene. Se non vengono toccati i tetti, rischiamo nel 2026 di veder sfondare anche la convenzionata». Tra le cause, a quanto pare, la recente riclassificazione delle gliflozine e quella delle gliptine.