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Uso dei farmaci sotto covid, dall’Aifa grande ottimismo e qualche bacchettata

30 Luglio 2020

Durante il lockdown i consumi di farmaci per le principali patologie croniche non evidenziano «differenze significative» rispetto al periodo precedente, un’invarianza che dimostra «il funzionamento delle strategie poste in atto per favorire la continuità assistenziale dei malati cronici e fragili». La conclusione – che farà discutere parecchio i farmacisti titolari – arriva dal Rapporto dell’Aifa sull’uso dei medicinali nell’epidemia da covid, presentato ieri a Roma in videoconferenza dal dg Nicola Magrini.

L’analisi punta la lente sui consumi che riguardano tanto i farmaci per il trattamento dei pazienti covid quanto quelli per le cronicità, differenziati in base ai due canali distributivi degli acquisti diretti (Asl e ospedali) e delle farmacie del territorio (dove sono state sommate convenzionata e dpc). In quest’ultimo, ad attirare l’attenzione è soprattutto l’incremento dei consumi di idrossiclorochina: tra marzo e aprile, le confezioni dispensate (ogni 10mila abitanti) per trattamenti covid anche associati a studi sperimentali sono aumentate del 35,15% rispetto al bimestre pre-covid, ossia gennaio-febbraio.

 

 

Ancora più forte l’incremento dei consumi in farmacia di idrossiclorochina “out of pocket”, ossia con spesa a carico dell’assistito: +111,84% tra marzo e maggio rispetto ai tre mesi precedenti, anche se in questa quota sono ricomprese pure le confezioni dispensate con ricetta rossa della tabella precedente.

 

 

Per quanto concerne i consumi in farmacia di medicinali associati alle terapie croniche, l’analisi dell’Aifa si è concentrata sulle categorie impiegate nel trattamento di diabete, affezioni del sistema cardio-circolatorio e ipertensione, dislipidemie, demenze, psicosi, ansia e depressione, epilessia, parkinson, patologie respiratorie (asma e broncopneumopatia ostruttiva), osteoporosi, patologie della tiroide. I dati mostrano a febbraio una riduzione generalizzata dei consumi rispetto al mese precedente, quindi a marzo un apprezzabile incremento dovuto probabilmente ad approvvigionarsi cautelativi (all’inizio del mese era stato ufficialmente dichiarato il lockdown). Ad aprile, invece, si registra un netto decremento che «riporta i valori nella media».

 

 

Per l’Aifa, come detto, questi dati dimostrerebbero che le strategie messe in atto per garantire la continuità terapeutica dei pazienti cronici (come il promemoria dematerializzato) hanno raggiunto lo scopo. Ma non tutti i farmacisti, forse, concorderanno: il report dell’Aifa, per cominciare, abbraccia soltanto il bimestre marzo-aprile, resta quindi fuori maggio che ha visto una caduta dei consumi (e delle ricette) anche peggiore del mese precedente. In attesa che arrivino anche questi dati, il report dell’Aifa evidenzia comunque una consistente contrazione dei consumi di farmaci per la bpco (-17,18% tra marzo e aprile rispetto al mese precedente), cui fa da contraltare un apprezzabile incremento di anticoagulanti (+3,12%) e antipsicotici (+2,32%).

Tra i farmaci dispensati in regime privato, invece, si distinguono per incremento dei consumi gli ansiolitici (+3,83% nel periodo marzo-maggio rispetto ai tre mesi precedenti), l’acido ascorbico (+34,12%) e la vitamina D più analoghi (+2,91%). Ma al riguardo, l’Aifa puntualizza che «sia nel caso della vitamina C sia della vitamina D, il ministero della Salute ha specificato che non ci sono evidenze a supporto di un loro impiego per il trattamento del covid-19».