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Vaccini covid, farmacie e farmacisti assenti dai primi piani di Arcuri

14 Novembre 2020

Sui primi vaccini contro il coronavirus che arriveranno in Italia, il commissario per l’emergenza covid Massimo Arcuri sembra avere piani che non contemplano i farmacisti del territorio. Questo almeno è ciò che si ricava dalle anticipazioni che lo stesso Arcuri ha rilasciato nella conferenza stampa dell’altro ieri, quella in cui settimanalmente viene fatto il punto sugli interventi per l’emergenza.

I vaccini, ha detto il commissario, arriveranno dalla fine di gennaio ma a tranche, quindi non ce ne saranno subito per tutti. Andrà definita una scala di priorità, e così lo scaglione al quale sarà destinata la prima fornitura da 1,7 milioni di dosi comprenderà le fasce più fragili e gli operatori sanitari più esposti al virus, ossia gli ospedalieri. Da scartare, sempre a leggere le parole del commissario, anche l’eventualità che le farmacie possano essere autorizzate a somministrare il vaccino: in conferenza stampa, Arcuri ha affermato a chiare lettere che l’inoculazione verrà affidata «a operatori con uno skill professionale adeguato», una frase che lascia poche speranze alle professioni per le quali servirebbe una formazione integrativa.

Ma tutta da disegnare è anche la distribuzione del vaccino, soprattutto quello di Pfizer-BioNTech che richiede temperature di conservazione a -70-80°C. Nei prossimi giorni i grossisti del farmaco dovrebbero avere il primo incontro con Arcuri per parlare dell’argomento e tra le imprese c’è forte perplessità: per distribuire questo vaccino servono investimenti ingenti in container e sistemi refrigeranti, visti i precedenti sulle mascherine non sono in molti a sperare che il commissario possa accogliere eventuali richieste economiche aggiuntive ai margini di legge.

C’è poi da capire se i distributori potranno recapitare alle farmacie, che non sono assolutamente in grado di garantire la catena del freddo richiesta per il vaccino: gli studi dicono che una volta uscite dall’ambiente a temperatura controllata, le dosi rimangono utilizzabili per un massimo di cinque giorni, un lasso di tempo che, sulla carta, potrebbe consentire la dispensazione in modalità dpc, cioè su prenotazione e ritiro differito. Ma il paziente, una volta ottenuto il vaccino, dovrebbe trovare un infermiere o un medico per la somministrazione e quindi non è detto che cinque giorni bastino. E visti i costi di acquisto, sprecare qualche dose è un lusso che il Ssn non si può permettere.

L’orientamento che una parte dei grossisti starebbero valutando, dunque, è quello di rinunciare alla distribuzione del primo vaccino di Pfizer-BioNTech, che per logistica e somministrazione può passare soltanto dal canale ospedaliero, e tenersi pronti invece per rivendicare un ruolo nella distribuzione dei vaccini che seguiranno, tra i quali – sempre secondo la letteratura scientifica – ce ne sarebbero diversi che per la catena del freddo potranno essere tranquillamente gestiti dalla filiera farmaceutica. Ma, come detto, la partita è appena iniziata.