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Covid, Di Turi: giusto affidare la diretta alle farmacie del territorio

9 Aprile 2020

Per i farmacisti ospedalieri andrebbe recepita in tutte le Regioni l’ordinanza della Protezione civile del 20 marzo scorso che – allo scopo di ridurre le uscite di assistiti e malati – autorizzava a spostare la distribuzione diretta sulle farmacie del territorio. E se alcune amministrazioni si mostrano titubanti nel recepire la disposizione (come la Puglia, che prima si era impegnata ad attuarla rapidamente e ora continua a rimandare l’incontro decisivo con le farmacie) non è per le resistenze della categoria ma per le incongruenze del federalismo sanitario. Lo assicura Roberta Di Turi, segretario nazionale del Sinafo, che a FPress spiega il punto di vista del sindacato dei farmacisti ospedalieri sulla discussa ordinanza.

Di Turi, le farmacie del territorio si chiedono perché tutte queste ritrosie a recepire una disposizione che eviterebbe un sacco di problemi e ridurrebbe gli spostamenti. E perché parecchie Regioni, anziché optare per questa opzione, cercano di organizzare improvvisati servizi di recapito domiciliare…
Faccio tre considerazioni: primo, quando parliamo di farmaci complessi da somministrare in ambiente protetto come quello ospedaliero, facciamo sovente riferimento a pazienti cronici, anziani o fragili che hanno bisogno non solo della terapia ma anche di essere seguiti continuativamente, di avere un riferimento costante; secondo, oggi non c’è la garanzia che i farmaci della diretta possano essere recapitati a domicilio capillarmente, senza il rischio per esempio che qualche paziente venga dimenticato oppure che si debbano consegnare forniture per diversi mesi di terapia e quindi non vedere più il paziente per lungo tempo; terzo, la strada più facile è quella di affidare la dispensazione della diretta alle farmacie del territorio.

Scusi? Sta dicendo che il Sinafo è favorevole al recepimento dell’ordinanza della Protezione civile?
Chiedere alle farmacie ospedaliere e delle Asl di recapitare a domicilio i farmaci della diretta significa costringerle a uno sforzo organizzativo immane e insostenibile, quando invece sarebbe molto più agevole affidarne la dispensazione in modalità dpc alle farmacie del territorio.

Questa sì che è una sorpresa: dietro alle titubanze di molte Regioni, i farmacisti titolari sospettano resistenze e chiusure dei loro colleghi ospedalieri…
Noi non ci siamo mai considerati antagonisti dei farmacisti del territorio. E’ la confusione tra i modelli distributivi che ha alzato barriere che non aiutano: noi ospedalieri dovremmo occuparci di governo clinico, verifica dell’appropriatezza, farmacovigilanza; la dispensazione vera e propria dovrebbe essere lasciata alle farmacie di comunità. Se oggi l’ordinanza crea incertezze in molte Regioni, è per la disomogeneità dei modelli e degli assetti distributivi: abbiamo 21 diversi servizi sanitari e disposizioni come quelle della Protezione civile creano sconcerto, ogni Regione aspetta di vedere che cosa fanno le altre. Io invece sono per l’omogeneità, per un modello unico su tutto il territorio nazionale.

Forse, questa emergenza potrebbe essere l’occasione per tirare fuori dal cassetto quella proposta di riordino del Pht che Federfarma e Sifo avevano messo a punto qualche anno fa e si era poi arenata…
No, non ci sarebbe il tempo perché oggi servono risposte rapidissime, bisogna assicurare la dispensazione dei farmaci alle popolazioni più remote.

E allora?
Allora serve un’intesa che riservi alle farmacie ospedaliere la distribuzione dei farmaci per i quali c’è davvero bisogno di somministrazione protetta e monitoraggio costante, e alle farmacie del territorio la dispensazione in dpc di tutti gli altri.

A livello nazionale?
Certo: una lista unica del Pht per tutte le Regioni e una remunerazione unica per i farmaci della dpc. La discriminante è la fragilità, oggi invece la moltiplicazione dei modelli genera confusione.