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Ue sui test antigenici rapidi: se il personale manca, formare altri operatori

20 Novembre 2020

Gli Stati Ue dovrebbero utilizzare test rapidi dell’antigene dalle performance accettabili, cioè con sensibilità ≥ 80% e specificità ≥ 97%, per scongiurare eventuali falsi positivi e negativi. Il test, inoltre, dev’essere condotto da personale sanitario qualificato oppure operatori addestrati, in conformità con le istruzioni del produttore. E la raccolta dei campioni così come il loro trasporto e consegna dovrebbero rispettare un protocollo predefinito. Sono alcune delle istruzioni contenute nella Raccomandazione adottata l’altro ieri dalla Commissione europea per l’impiego di test rapidi antigenici nell’ambito della diagnosi di covid-19. Il documento, redatto sotto la consulenza del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e il contributo degli Stati membri, «fornisce orientamenti sulle modalità di selezione dei test antigenici rapidi, sui contesti in cui il loro uso è opportuno e sulle persone che dovrebbero effettuarli». Inoltre, propone che i risultati siano riconosciuti reciprocamente dai Paesi Ue, in modo da coordinare vigilanza e filtri alle frontiere.

«I test costituiscono uno strumento decisivo per rallentare la diffusione di covid-19» ha commentato Stella Kyriakides, commissario per la Salute e la sicurezza alimentare «per intensificare il coordinamento delle metodologie di screening nell’Ue mettiamo a disposizione degli Stati membri un pacchetto di linee guida che migliorano la gestione dei focolai di coronavirus».

Le raccomandazioni, in particolare, delimitano non soltanto qualità dei test e personale che li deve effettuare, ma anche la casistica di riferimento: gli antigenici rapidi, per esempio, andrebbero presi in considerazione quando la disponibilità dei tamponi molecolari è temporaneamente limitata, in caso di soggetti con sintomi compatibili con covid-19 e in aree dove la percentuale di positività al test è alta o molto alta (≥10%) oppure dove si prevede che lo diventerà (focolai epidemici).

Nelle stesse situazioni (alta prevalenza di infezioni e insufficienza dei test molecolari) si dovrebbero utilizzare i tamponi antigenici rapidi anche per testare in modo ricorrente (ogni 2-3 giorni) il personale sanitario, domiciliare e socio-assistenziale, così come i degenti in strutture di ricovero a lungo termine o in ambienti chiusi (carceri, centri di detenzione amministrativa, infrastrutture per richiedenti asilo eccetera).

L’esecuzione dei prelievi, proseguono le raccomandazioni della Commissione Ue, va affidato a personale sanitario e di laboratorio addestrato, così come analisi e comunicazione dei risultati devono essere riservati al personale clinico e alle autorità sanitarie pubbliche a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Le istruzioni del produttore per la raccolta, uso e smaltimento dei campioni devono essere rispettate scrupolosamente e vanno anche messe in atto tutte le misure di biosicurezza richieste. Gli Stati membri devono garantire capacità e risorse sufficienti per gli screening, formando nuovi operatori quando il personale autorizzato non è sufficiente.

Quanto al riconoscimento reciproco dei risultati, la Commissione Ue raccomanda fortemente gli Stati membri a certificarsi reciprocamente i risultati dei test antigenici rapidi che soddisfano i criteri indicati documento. Il rispetto della raccomandazione, sottolinea Bruxelles, può contribuire alla libera circolazione delle persone e al corretto funzionamento del mercato interno.