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Chelli (Istat): nel 2024 un italiano su dieci ha rinunciato alle cure

8 Novembre 2025

Nel 2024 quasi dieci italiani su cento hanno rinunciato a curarsi. È il dato che colpisce di più dell’audizione che ha visto il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, intervenire ieri davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato nell’ambito dell’esame preliminare alla Manovra 2026. La principale ragione di tali rinunce, che riguardano 5,8 milioni di persone (oltre un milione in più rispetto all’anno precedente) è rappresentata dalle liste di attesa, che continuano ad allungarsi nonostante i piani straordinari avviati dopo la pandemia. Seguono i costi dei servizi e la difficoltà di raggiungere le strutture sanitarie.

Chelli ha indicato nelle liste d’attesa un fenomeno cresciuto con particolare intensità dal 2019: in quell’anno dichiarava di aver rinunciato alle cure per questa ragione il 2,8% della popolazione, diventato 4,5% nel 2023 e 6,8% nel 2024. La rinuncia è più frequente nelle fasce adulte e anziane, dove si concentra la maggiore prevalenza di patologie croniche e quindi il bisogno di diagnostica e follow-up. Colpisce soprattutto le donne, in particolare tra i 45 e i 64 anni. Il fenomeno attraversa senza distinzioni le tre grandi ripartizioni territoriali, con percentuali tra loro vicine: 6,9% al Nord, 7,3% al Centro, 6,3% nel Mezzogiorno.

Secondo Chelli, il rischio è che le difficoltà di accesso producano una domanda sanitaria “non soddisfatta” che tende a cronicizzarsi, alimentando disuguaglianze e aggravando i casi più delicati. Si appesantiscono i pronto soccorso, aumentano i ricoveri in acuto, si sposta parte della domanda sul privato per chi se lo può permettere. Ne deriva una pressione crescente sui bilanci familiari: negli ultimi dieci anni, la spesa sanitaria privata è aumentata più del doppio rispetto ai redditi medi, con l’effetto di accentuare il divario tra chi può sostenere visite e diagnostica a pagamento e chi è costretto a rinunciare. Chelli ha definito questa dinamica «un elemento di vulnerabilità sociale che merita attenzione nella programmazione pubblica dei prossimi anni».

Il quadro si innesta in un contesto demografico che vede l’invecchiamento della popolazione accelerare e la quota di persone con almeno una patologia cronica superare un terzo degli over 65. La presidente dell’Istat ha richiamato in particolare la necessità di rafforzare la medicina territoriale, migliorare l’integrazione tra professionisti e servizi e intervenire sul governo delle liste, perché «ritardi e rinunce producono costi sanitari più elevati nel medio periodo e aggravano la perdita di salute».

Per il mondo della farmacia, il dato conferma un trend già osservato: cresce la domanda di orientamento, servizi di prossimità e presa in carico dei bisogni più immediati. La vicinanza al cittadino rappresenta un presidio essenziale soprattutto dove l’accesso agli ambulatori diventa complicato. Nell’attuale fase di definizione della Manovra, le parole di Chelli riportano al centro un nodo che attraversa il dibattito sulla sanità da anni: garantire il diritto costituzionale alla cura richiede non solo risorse, ma interventi organizzativi capaci di ridurre le distanze, fisiche e sociali, che oggi separano molti cittadini dalle prestazioni di cui avrebbero bisogno.