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Istituto iCom: ridurre l’inquinamento da farmaci, sfida europea

6 Aprile 2024

Dal 30% al 90% dei farmaci che assumiamo per via orale, come antibiotici, analgsici e ormoni, vengono rilasciati nell’ambiente – acque e suolo in particolare – come sostanze attive, con effetti negativi sulla fauna e sull’ecosistema, quindi anche sulla salute umana per cui quegli stessi farmaci vengono prodotti. In particolare, tra i 30 farmaci più consumati in Italia, mostrano i valori più elevati di rischio ambientale ibuprofene, diclofenac, olmesartan e sertralina. È quanto ricorda iCom – Istituto per la competitività in un articolo firmato dal ricercatore Gabriele Licheri: fino al 90% delle dosi assunte per via orale, è il nocciolo del problema, può essere espulso dal nostro organismo come sostanza attiva. E se è vero che tali molecole sono progettate per mantenersi stabili all’interno del nostro corpo, una volta che entrano nell’ambiente diventano un pericolo potenziale perché non si degradano facilmente.

Ma i farmaci rappresentano soltanto una delle fonti d’inquinamento addebitabili al comparto salute. «Nonostante rappresenti il 10% del Pil mondiale e abbia il compito di prevenire, trattare e curare le malattie» scrive Licheri «questo settore è stato a lungo trascurato quando si trattava di misurarne l’impatto climatico. È solamente nell’ultimo decennio che alcuni Paesi hanno iniziato a valutare la portata del fenomeno. Studi condotti negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Australia e in Canada hanno rilevato che le emissioni sanitarie rappresentano una percentuale significativa delle emissioni totali nazionali, rispettivamente l’8%, il 6,3%, il 7% e il 5% del totale.

Soltanto le emissioni operative delle strutture sanitarie, per esempio, rappresentano il 13% del totale addebitabile al settore salute e derivano da attività come l’uso di dispositivi medici o la gestione dei rifiuti sanitari. Ridurne l’impronta in modo significativo, quindi, «potrebbe essere un obiettivo chiave per migliorare la sostenibilità ambientale dell’intero comparto».

In questo contesto, continua l’articolo, il corretto smaltimento dei farmaci rappresenta «una delle sfide cruciali per la sostenibilità ambientale», poiché la loro dispersione nei sistemi idrici, tramite impianto fognario, ha ricadute negative per la flora e la fauna. «L’esposizione degli organismi acquatici a farmaci e ai loro derivati può minare l’equilibrio ecologico»: per esempio, sono stati riscontrati casi di neurotossicità in diverse specie animali in seguito all’esposizione ad analgesici, mentre si è verificata la comparsa di resistenze microbiche in piante e animali a contatto con antibiotici.

Dal 2006, non a caso, l’Ema obbliga i produttori a includere nelle domande di aic per i nuovi farmaci una valutazione del rischio ambientale, con dati sulla tossicità per gli organismi acquatici e sull’atteso impatto in base ai consumi. Inoltre, nel 2008 la Commissione Ue ha introdotto un sistema di monitoraggio obbligatorio delle acque superficiali denominato Watch List, che include anche alcuni farmaci a uso umano. Lanciata nel 2015, questa iniziativa rivede periodicamente l’elenco delle sostanze, contribuendo a una gestione più consapevole degli impatti ambientali derivanti dall’uso dei farmaci. E la riforma della legislazione farmaceutica europea, attualmente all’esame di Bruxelles, dovrebbe portare ulteriori novità in materia.

È infatti opinione della Commissione Ue, scrive iCom «che la realizzazione degli obiettivi di sostenibilità ambientale delineati nella strategia farmaceutica e nelle iniziative connesse al Green Deal europeo richieda un impegno anche da parte dell’industria farmaceutica per ridurre l’impatto dei suoi prodotti sul Pianeta e sulla biodiversità. La produzione industriale, entrando nel ciclo dell’acqua e nella catena alimentare, impatta direttamente sui fattori di rischio per la salute umana, rendendo essenziale una valutazione accurata dei rischi ambientali associati ai farmaci».

Di contro l’industria, attraverso l’Efpia, ricorda che un appesantimento delle incombenze normative in materia ambientale potrebbe determinare aumenti significativi nei costi di sviluppo e produzione, che penalizzerebbero gli incentivi europei per l’innovazione. Il rischio, in particolare, è che la metà dei farmaci in produzione in Europa potrebbe rivelarsi economicamente insostenibile entro i prossimi 15 anni. Lo sforzo, ora, è quello di trovare un compromesso tra tutela ambientale e innovazione.