Come già in altre regioni, anche nel Lazio la recentissima pubblicazione della delibera regionale che dà il via alla telemedicina nelle farmacie del territorio scatena immediatamente la reazione dell’Aisi, l’Associazione delle imprese sanitarie indipendenti. «Si tratta di un pericoloso scivolamento verso un sistema sanitario a geometria variabile, dove le regole valgono solo per alcuni» è il commento affidato a una nota stampa «siamo di fronte a un inaccettabile doppio standard. Se una struttura sanitaria privata vuole offrire prestazioni in convenzione, deve affrontare un percorso rigidissimo: autorizzazione, accreditamento, rispetto di oltre 240 requisiti clinici, tecnologici e organizzativi, e continua sorveglianza da parte delle Asl. Ora invece, dall’oggi al domani, si consente alle farmacie, senza alcuna autorizzazione o accreditamento, di erogare prestazioni diagnostiche specialistiche rimborsate dal sistema pubblico. È un colpo mortale alla credibilità dell’intero sistema sanitario».
Le accuse sono quelle che Aisi già sventola da tempo contro la farmacia dei servizi: «le farmacie non sono autorizzate a operare come strutture sanitarie, non possiedono i mezzi, le competenze; il concetto di farmacia dei servizi non prevede diagnosi strumentali ma solo prestazioni di prima istanza e servizi amministrativi». L’associazione però dimentica che i ricorsi al Tar finora avviati in diverse regioni hanno avuto successo soltanto per quanto concerne l’uso di locali esterni, sulla legittimità della farmacia dei servizi nessun Tribunale ha avuto da ridire.
«È necessario che i Servizi farmaceutici delle Asl e i Carabinieri Nas effettuino ispezioni straordinarie nelle farmacie coinvolte» è la mnaccia conclusiva dell’Aisi «bisogna accertare se vi siano i presupposti per ipotizzare esercizio abusivo della professione sanitaria, oltre a verificare l’impiego corretto dei fondi pubblici. Invitiamo inoltre la Corte dei Conti e l’Autorità Garante della Concorrenza ad accendere i riflettori su questa operazione».