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In Francia riesplode la guerra tra farmacie e medici “profarmacisti”

14 Marzo 2018

Se ne contano una novantina appena in tutta la Francia, ma i titolari di farmacia li considerano comunque un “avanzo” di tempi passati che le autorità sanitarie dovrebbero progressivamente estinguere. Sono i medici “profarmacisti” (propharmacien), ossia quei medici di famiglia che oltre a prescrivere possono anche dispensare i farmaci rimborsati e persino detenerli, in un magazzino contiguo al laboratorio. La loro esistenza risale ad alcuni articoli del Codice sanitario francese vecchi di oltre 40 anni: possono diventare “profarmacisti” soltanto i medici di famiglia che esercitano in agglomerati di piccoli comuni sprovvisti di farmacia e assistono pazienti prevalentemente anziani, con ridotte possibilità di muoversi. E per dispensare serve una specifica autorizzazione dell’Agenzia sanitaria regionale competente (Ars, l’equivalente delle nostre Ars), autorizzazione che nel tempo è stata rilasciata con sempre maggiore parsimonia. Risultato, i 500 medici profarmacisti degli anni Settanta sono diventati 150 negli anni Novanta e oggi stanno sotto il centinaio.

Eppure, i rapporti con i farmacisti territoriali rimangono tormentati. Lo si è visto proprio nei giorni scorsi con gli ultimi sviluppi della lite giudiziaria che a Civry, nella Valle della Loira, mette di fronte da tre anni le farmacie della zona (con il loro sindacato) e una giovane generalista di campagna. La dottoressa aveva chiesto e ottenuto dall’Ars la stessa autorizzazione a dispensare farmaci di cui disponeva dal 1977 l’anziano medico al quale era subentrata. La decisione dell’Agenzia non ha però trovato d’accordo i titolari della provincia, che si sono rivolti al tribunale. «la norma sui medici profarmacisti» ha commentato Sébastien Michel, vicepresidente del sindacato locale «aveva un senso quarant’anni fa, quando l’auto non era diffusa quanto oggi. Oppure è legittima quando si vogliono aiutare le aree più impervie del Paese, inaccessibili d’inverno».

Di avviso differente i giudici amministrativi, che hanno bocciato il ricorso dei titolari tanto in primo grado (nel 2016) quanto in appello, la settimana scorsa. I pazienti della dottoressa ultra70enni, hanno sottolineato i giudici, sono il 26% e la farmacia più vicina ai comuni nel quali esercita dista oltre 10 chilometri. Ed è vero che le sette farmacie ricorrenti si erano offerte di assicurare ai pazienti del medico il recapito domiciliare dei farmaci sette giorni su sette, ma l’offerta è giunta soltanto dopo che l’Ars aveva concesso l’autorizzazione.

Resta lo strascico delle polemiche. E se da una parte il sindacato francese dei medici profarmacisti se la prende con le farmacie perché contestano sistematicamente tutte le autorizzazioni rilasciate dalle Ars, dall’altra parte le farmacie mettono sul tavolo i ritorni dei medici “dispensatori”: un decreto del 2015, infatti, riconosce a questi generalisti lo stesso onorario professionale dei farmacisti, ossia 1,02 euro a pezzo più 0,51 euro per ogni ricetta con più di cinque referenze. Risultato, un medico profarmacista arriva in media a incrementare i propri compensi del 150%.