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Contratto dipendenti, Cossolo: pronti a negoziare con altre sigle sindacali

17 Ottobre 2025

A fronte del perdurante stallo in cui si è arenata la trattativa con Cgil-Filcams, Cisl-Fisascat e Uil-Tucs per il rinnovo del contratto dei dipendenti di farmacia, Federfarma sta valutando la possibilità di «intraprendere negoziazioni» con altre sigle sindacali che siano comunque «abilitate» a sottoscrivere il Ccnl. È quanto rivela il presidente nazionale di Federfarma, Marco Cossolo, nella lettera aperta che la Federazione ha diffuso ieri alle sue rappresentanze territoriali perché sia diffusa a tutte le farmacie associate. Queste negoziazioni, prosegue Cossolo, «sarebbero basate su presupposti ben distanti da quelli rivendicati dalle sigle confederali», presupposti che «contempererebbero la giusta soddisfazione economica e di carriera del personale dipendente con le più moderne tutele di natura sociale per i lavoratori e con la necessaria e imprescindibile sostenibilità delle farmacie».

Quello della sostenibilità, ricorda il presidente di Federfarma nella lettera aperta, rappresenta la stella polare che ha finora orientato la linea del sindacato titolari nella trattativa. «I dati di settore fanno emergere una forte disparità di fatturato e di redditività tra farmacie: oltre 1.000 di queste hanno un fatturato complessivo medio pari a 339.000 euro, che corrisponde a un margine operativo medio pari a 41mila euro (12,3% del fatturato). Altre 5.000 farmacie si collocano nella fascia appena più elevata, con una stima di fatturato di poco superiore ai 645.000 euro e un margine operativo che non raggiunge i 70mila euro».

Ecco quindi, prosegue Cossolo, che per queste 6.000 farmacie – pari ad un terzo del totale – risulterebbe insostenibile sopportare l’aumento salariale di 360 euro lordi mensili a dipendente richiesto dai sindacati confederali, perché comporterebbe un incremento di oltre settemila euro all’anno dei costi aziendali, con il rischio di «comprometterne l’equilibrio economico-finanziario e la stessa esistenza» di queste farmacie, che spesso operano in territori disagiati: comuni montani, aree interne del Paese, realtà rurali.

La richiesta economica delle tre sigle sindacali, dunque, «risulta irricevibile, perché accettarla significherebbe determinare la chiusura di molte farmacie pregiudicando irrimediabilmente il servizio farmaceutico svolto a favore della cittadinanza». Federfarma, dal canto suo, «si è resa disponibile ad alzare da 120 a 180 euro lordi mensili l’aumento offerto inizialmente, «con la possibilità di un ulteriore – seppur limitato – incremento» e il ricorso a strumenti fiscali per accrescere il guadagno effettivo del lavoratore. «Evidentemente» è la riflessione di Cossolo «le tre sigle sindacali non sanno cosa farsene di queste oggettive rappresentazioni e neanche tengono in conto che la positiva conclusione delle trattative in atto contribuirebbe ad affrontare efficacemente alcune delle criticità finora emerse in termini di valorizzazione delle professionalità dei collaboratori della farmacia».

Invece, è l’osservazione finale del presidente di Federfarma, quella che perseguono Cgil-Filcams, Cisl-Fisascat e Uil-Tucs è una linea negoziale priva di trasparenza, perché «con la mano destra si impegnano formalmente al prosieguo delle trattative e con la sinistra proclamano scioperi regionali di dubbia legittimità procedurale, forzando il perimetro dettato dal quadro normativo vigente».