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Dispensari, dal Consiglio di Stato un’altra sentenza “campana”

7 Maggio 2018

La legge regionale 5/2013 con cui la Campania ha demandato ai comuni la facoltà di aprire dispensari farmaceutici nelle zone rurali e turistiche non ha privato la Regione dei suoi poteri di vigilanza e controllo sul servizio farmaceutico. Di conseguenza, l’amministrazione può «sollecitare» i comuni a «una rivalutazione della legittimità dell’autorizzazione rilasciata per l’apertura dei dispensari stessi». E’ quanto si legge nella sentenza del 12 marzo scorso con cui il Consiglio di Stato è tornato sull’annosa vicenda – tutta campana – dei dispensari istituiti da alcuni comuni per “integrare” l’assistenza farmaceutica in sedi dove già risultava aperta la farmacia di riferimento.

Sul tema la giustizia amministrativa era già intervenuta a fine febbraio con un’altra sentenza, ampiamente commentata tra gli addetti ai lavori (e molto meno tra i farmacisti titolari). Con tale intervento il Consiglio di Stato ha escluso che la legge 221/68 impedisca l’istituzione di un dispensario nella sede dove già opera la farmacia, né vieta che il dispensario esistente in una sede vacante debba automaticamente chiudere all’apertura della farmacia prevista in Pianta organica. Il caso riguarda il comune di Francolise, in provincia di Caserta: con una delibera datata giugno 2015, la giunta municipale istituisce un dispensario nella frazione fino a quel momento servita da una delle due farmacie in attività nel comune, autorizzata quasi in contemporanea a trasferirsi in altra zona della sua sede. Il titolare dell’altra farmacia impugna la disposizione ma nel maggio 2016 il Tar Campania respinge il ricorso. Il farmacista allora si appella al Consiglio di Stato, davanti al quale intervengono “ad adiuvandum” anche gli ordini dei farmacisti di Salerno, Caserta, Napoli e Benevento, ma anche in questo caso l’esito è un insuccesso.

Nella loro sentenza, infatti, i giudici amministrativi d’appello respingono la tesi del ricorrente, secondo la quale le norme in vigore escludono che in una sede dove la farmacia è regolarmente aperta possa operare anche un dispensario: quest’ultimo, dice il Consiglio di Stato, «costituisce un rimedio suppletivo rispetto a quello primario della farmacia», dunque non ha «diretta capacità lesiva dei criteri del “numero chiuso” e del “diritto di esclusiva”, posti a presidio delle prerogative del farmacista titolare di sede». Il punto centrale, dunque, rimane «l’interesse pubblico alla distribuzione del farmaco», davanti al quale «la possibilità di aprire dispensari anche in zone presidiate da farmacie attive appare giustificata dalla necessità di dotare il sistema della capacità di fronteggiare anche situazioni del tutto peculiari, in cui a fronte di una razionale programmazione del servizio sul territorio permangono aree scoperte o non adeguatamente servite a causa della sfavorevole configurazione dei luoghi».

Certo, avvertono i giudici, l’apertura di una farmacia rimane la soluzione preferibile perché quest’ultima è un «esercizio certamente più “completo”». E’ indispensabile quindi «evitare un utilizzo abusivo del ricorso allo strumento del dispensario, che miri alla creazione di multi-presidi farmaceutici», anche perché è indiscutibile che «la concomitanza di dispensario e farmacia si pone comunque come fattispecie atipica ed eccezionale rispetto a un’ottimale articolazione del servizio», legittimabile soltanto «in casi del tutto marginali, caratterizzati da una residua particolare difficoltà di distribuzione del farmaco».

Per evitare abusi, dunque, è indispensabile che il provvedimento con cui viene istituito un dispensario in sede dove già opera una farmacia sia accompagnato da «un onere motivazionale aggravato», ossia una disamina dettagliata delle ragioni che hanno portato all’intervento. In questo scenario si inserisce la sentenza successiva, del 12 marzo. Il caso è sempre quello di un dispensario, istituito nel 2013 dalla giunta di San Nicola Manfredi, in provincia di Benevento, con una delibera contestata dai titolari delle farmacie ubicate nel territorio del comune. I farmacisti si erano rivolti alla Regione perché intervenisse ma l’assessorato alla Salute, ordinata all’Asl una verifica, non aveva insistito. I ricorrenti si erano allora rivolti al Tar, che nel 2017 aveva intimato alla Regione di completare la procedura. Nell’autunno scorso l’Assessorato ha allora inviato al comune di San Nicola Manfredi una diffida, nella quale si esprimevano perplessità sulla delibera e si invitava la giunta a riconsiderare il provvedimento. Nel novembre l’amministrazione municipale ha però riconfermato la propria decisione e ha impugnato la sentenza del Tar davanti al Consiglio di Stato, che però l’ha respinta. Anche se la Regione non ha il potere di autorizzare o negare l’apertura dei dispensari farmaceutici nelle zone rurali e turistiche, è la tesi dei giudici amministrativi, «l’ordinamento giuridico le attribuisce espressamente di disporre ispezioni sulle farmacie e, quindi, anche sui dispensari».