Internet può essere un’infida sirena non solo quando vende farmaci, ma anche quando commercializza online gli integratori alimentari. Lo conferma un’indagine coordinata dall’Unione europea: su oltre mille siti di e-commerce passati al vaglio sono state individuate più di 700 offerte illegali, perché commercializzano prodotti che non sono ancora stati autorizzati sul mercato europeo oppure non rispettano le norme Ue in materia di comunicazione al pubblico. I numeri arrivano dal primo piano coordinato di controllo sull’e-commerce degli integratori, lanciato dalla Commissione europea (Direzione generale per la salute e la sicurezza degli alimenti) assieme alle autorità vigilanti di 25 Paesi dell’Unione (tra i quali l’Italia) più Svizzera e Norvegia. La ricerca – nelle intenzioni di Bruxelles la prima di una serie di campagne dirette a intensificare la collaborazione tra gli Stati membri e rafforzarne attenzione e sensibilità – è stata condotta dalle singole agenzie nazionali sulla base di un protocollo redatto da Bruxelles. In sostanza, le autorità hanno passato al setaccio il web alla ricerca di siti che pubblicizzano gli integratori mediante contenuti vietati dai regolamenti Ue, oppure commercializzano prodotti che le norme comunitarie escludono dall’online o anche dall’offline.
I risultati della campagna, riassunti in un report pubblicato nelle settimane scorse, sono stati definiti «sorprendenti» da Bruxelles: su un totale di 1.077 siti visitati e controllati dai singoli Paesi (con un impegno variabile: l’Austria ne ha ispezionati 186, la Lituania 9, l’Italia 20), le irregolarità individuate riguardano 779 prodotti in vendita. In particolare, 428 risultavano privi di autorizzazione Ue (la Commissione aveva chiesto alle agenzie nazionali di concentrare la propria ricerca su cinque “novel food”: agmatina, acacia rigidula, epimedium grandiflorum e Hoodia gordonii), 351 invece erano accompagnati da claim o diciture che millantavano proprietà mediche o terapeutiche.
«I numeri» è la conclusione di Bruxelles «dimostrano che la probabilità di imbattersi in siti che fanno e-commerce senza rispettare le regole è molto alta». Ne consegue la necessità da parte dei Paesi dell’Unione di rafforzare i controlli sul web, attraverso l’addestramento di personale specializzato nell’investigazione online, l’avvio di rapporti di collaborazione con i principali market place internazionali (Amazon e simili), l’affinamento delle norme e dei sistemi di vigilanza digitali.